martedì 22 febbraio 2011

Diciannove battute

Ci sono dei momenti in cui mi blocco completamente.
Dovrei scrivere (dopotutto, il mio amore per le parole messe una in fila all'altra, ho la fortuna che sia diventato anche il mio lavoro), ma proprio non ci riesco. Mi perdo, conto le macchie sul muro, le bolle sulla pelle, i libri che devo inscatolare e proprio non mi va.

Per cui, quando c'è gente che per distrarsi da quel che deve scrivere disegna triangoli o quadrati o cerchi sui post-it, io disegno micette strabiche con le tettone.
E quando Daniele Mancino (il direttore di Comic-Soon) mi chiede dove sono finiti gli articoli che dovevo consegnargli ieri l'altro gli mando questo bozzetto dicendogli: “Scusa ma ero distratta e non ho scritto nulla”.
Solo un amico vero in quel momento non ti spella viva per metterti sotto sale per far piacere al signore.
una polaroid di quello a cui mi sono dedicata prima di mettermi a scrivere

Poi chiamo il mio collega, ordiniamo due pizze, beviamo due birre (se non c'è la Peroni mettici quella che vuoi basta che sia da 66cl) prendiamo in mano i nostri articoli e ridendo e scherzando riusciamo a chiuderli e a consegnarli in tempo.
Non mi sono mai divertita tanto a scrivere un articolo.
Sul prossimo numero di Comic-Soon, in uscita a Cartoomics troverete una paginetta scritta in collaborazione con Alessio Trabacchini, The Official Handbook Of Superamici.
Era da tanto che sostenevo che i Superamici fossero gli unici supereroi di cui io fossi innamorata. 
Bene ho potuto finalmente scriverlo e dichiararlo al mondo, sforando solo di diciannove battute sullo spazio. Diciannove battute che poi sono il mio nome e quello di Alessio. Anzi parecchie di meno.
Quindi brindo alla precisione del mio collega e mia e me ne vado a dormire contenta.

Non perdetevi il prossimo numero di Comic-Soon mi raccomando.

lunedì 7 febbraio 2011

Al minuto 3.25

Domenica notte.
Domenica notte e vorresti dormire, perché dopotutto domani è lunedì e inizierà l'ennesima settimana di fuoco.
Vorresti dormire, ma siccome sei cretina leggi la mail. E dentro alla tua casella di posta ne trovi una che riguarda un corto su cui stai lavorando da mesi (perché quando c'è qualcosa che non va il mio splendido ruolo è quello di farlo andare a qualunque costo). Sgomento. La certezza che il sequel de L'uomo che sussurrava ai cavalli parla di te, che sei La donna che vince gli accolli, ti investe come la TAV a trecento all'ora sulle tue gengive.

Dicevo, c'è questa mail, con le ultime note dopo aver visionato l'ultimo premontato, dove a un certo punto per il mio giubilo trovo scritto:

Al minuto 03:25 Scena ballo – lo stacco sull'animazione è orribile.Troppo diverse. FARE MIRACOLO

Dite che va bene se mi metto a lacrimare sangue?

Codesta foto è stata mandata in risposta alla missiva del grande capo.

martedì 1 febbraio 2011

Lì nel posto giusto.

Seguire certi consigli a volte riempie di soddisfazione.

Instabile anche quando emotivamente non sento niente. "Come stai?" è la domanda sbagliata, ogni volta che me la pongono rimango sospesa per una frazione di secondo. Cosa rispondo? "bene" così non mi fanno altre domande? E ribatto subito con la contro domanda? Così non corro il rischio di dovermi arrampicare sugli specchi per spiegare qualcosa che non so nemmeno io? Come glielo spiego che io non sono triste e non sono felice? Non sono arrabbiata e non sono calma? Non sento niente nemmeno fisicamente. Mangio per forza di inerzia o per nervosismo in modo completamente schizofrenico... Mi ritrovo dei lividi neri addosso e non ricordo il momento in cui ho tirato la bestemmia che li contraddistingue e cose del genere!

Anche trovarmi in una situazione completamente straniante su di me non ha alcun effetto.

La sala buia, tutti seduti come a teatro, le seggioline vanno verso l'alto e il palco è raso terra.
In questo tipo di situazioni in genere è il contrario. Il palco è in alto, l'aria è fumosa, le birre si rovesciano per terra e la gente è in piedi con le mani alzate a urlare, ci si leva la giacca e si suda tutti insieme perdendo la voce.

Inoltre io sono da sola, che dai, diciamolo non è propriamente usuale per una situazione del genere. Ho seguito il consiglio di un tizio di cui mi fido parecchio, per cui ci sono andata lo stesso anche senza compagnia.
Dopotutto dovevo staccare la testa. Almeno qualche ora.


Sono in ritardo come al mio solito e il concerto è già iniziato.
Mi siedo in un posto a caso in mezzo al buio, mi confondo tra gli altri e aspetto quello che sono venuta a sentire.


La poltroncina è comoda, è fatta per esserlo e, in genere, accoglie gente diversa da quella di stasera. Mi guardo attorno, inutile, questa volta non posso dare la colpa alla mia dissociazione mentale: non si vede assolutamente niente a parte il ragazzo che sta cantando, un pianoforte, due chitarre e i piatti sullo sfondo. Sono ancora titubante: avrò fatto bene a venire? Non c'è niente con cui distarmi, è tutto così preciso così ordinato.

Nell'attesa cerco di trovare una posizione adeguata e di non sbracciarmi troppo anche se i beat mi colpiscono. Qui sono tutti troppo composti e io mi sentirei una cretina a disagio.

Seduta nel buio, senza una birra in mano e senza accendermi una sigaretta ascolto un amico che rovescia le sue radici e le sue viscere in un microfono. Il suo cordone ombelicale che non si è spezzato.
Lui fa qualcosa di più di cantare quando è su un palco: lui racconta.

Socchiude gli occhi mentre lo fa. Sicuramente immaginando le sue parole, come se gli uscissero per la prima volta, come se gli scappassero dalla bocca per questa esigenza di raccontare. Di certo non lo fa come si recita a memoria una poesia davanti alla professoressa delle medie.

Ti investe con l'amore per la sua terra, per le sue radici. La sua Calabria. Ti strappa a morsi la pelle per farti sentire quanto brucia un paese ipocrita dove la Mafia continua a farla da padrone, usa davvero le parole come armi: ti ferisce come pochi sono in grado di fare e, soprattutto, quando ha quel microfono in mano sorride.

Sorride nonostante sia terribilmente serio in quel momento.
Sorride nonostante prenda la musica per mano come si fa con il primo amore.
Sorride mentre non lascia mai la sua mano.
Sorride quando parla della morte riuscendo a farlo con la poesia di Pavese e il fumoso noir di Buscaglione.
Sorride nella serietà di chi cresce in una terra dove si muove una guerra strisciante, dove affonda le sue radici e che non ha mai lasciato. Almeno con il cuore.
Sorride e te lo racconta esattamente per com'è.

E io sono lì seduta nel buio che ascolto la delicata violenza con cui ti trasmette cosa vuol dire fare le valigie per cercare un futuro, cosa vuol dire cercare il mare in mezzo ai palazzi di una metropoli che non è fatta per accoglierti.
Sparisco in mezzo alla poltroncina rossa. Piccola ed effimera Amal, che non sente niente da una vita e in questo momento ha i brividi che la stanno stravolgendo. Quanto tempo era che non ti emozionavi così per qualcosa che appartiene davvero all'istante che stai vivendo?

A volte seguire i buoni consigli è davvero una soddisfazione. Stasera sono andata nel posto giusto. Ed ero proprio lì.




Dimenticavo. Sai che c'è? Non sentire niente rende tutto più facile. Maledetto bastardo.