domenica 21 agosto 2011

Al mare a morire subito.

Oggi sono rientrata a Genova con il cervello sovraccarico. A volte bastano ventiquattro ore per appesantirti come non mai. E appena tornata sono corsa a sdraiarmi sui miei scogli preferiti.
Gestire i momenti bui quando vivi in questa terra credo che sia enormemente più facile che altrove.
Almeno per me, che tuffarmi e cacciare la testa sott'acqua sono quello di cui ho bisogno, solo per volare un attimo e per riallinearmi un po' con l'universo.

Come nella storia che Teodorico racconta ai due ragazzini in Morti di Sonno, dove ci sono due uomini che partono alla ricerca di qualcosa, e attraversano strade, città, montagne e deserti, fino ad arrivare al mare. Il primo si bagna i piedi, raccoglie conchiglie e parla a tutti del suo viaggio e delle cose che ha visto. E si crede felice. Il secondo si bagna i piedi nell'acqua, poi si immerge e continua ad attraversare il mare. Vuole vedere cosa c'è in mezzo ad esso e al di là di esso. Affogarci in quel mare non è la cosa peggiore. Ma puoi sempre startene sulla riva a far finta di aver capito tutto.


E la finisce proprio così la storiella, con il finale ad effetto. Che ti fa pensare un attimo a quello che avresti fatto tu. 



Nelle ultime ore io sulla riva non ci sono rimasta per nulla. Oggi sono corsa al mare a morire subito, perché so di aver perso qualcosa da qualche parte, ma so anche che non mi basta mai bagnarmi i piedi a riva e raccogliere qualche conchiglia, che non riesco ad accontentarmi per la paura che i tuffi possano far male.
Forse perché mi muovo troppo veloce, forse perché ogni tanto sbaglio i tempi e i luoghi. Non lo so.
Forse perché voglio prenderle le facciate, voglio andare al di là. Non accetto il non detto. Non accetto la sospensione, il tempo dell'attesa.

E sono certa che affogare in quel mare non è la cosa peggiore.

Perché lo sappiamo anche troppo bene che la consapevolezza difficilmente ci rende felici.
Ma vuoi mettere vedere cosa sta al di là del mare? Vuoi mettere cosa vuol dire aprire gli occhi sott'acqua e trovarci un mondo?
Vuoi mettere permettersi il lusso di dire che il fiato non è spezzato da un sospiro, o dal bruciore di qualcosa che hai perso, ma è spezzato dalla tua nuotata, dal tuo volo?

mercoledì 10 agosto 2011

Un fiocco giallo e azzurro.

Correva l'anno scorso, e correva veloce perché è passato ben prima che io riuscissi ad acchiapparlo.
Tornai a Genova da Roma dopo tempo immemore.
Tornai con un libro da chiudere, un carico di nostalgia da far spavento agli emigranti dei primi del '900 e con la voglia di non ripartire e per imbattermi di nuovo in Andrea Piccardo.

Sia chiaro, se ho coltivato il mio amore per i fumetti è anche colpa sua. Non solo, c'è anche qualche altro colpevole che mi ha fatto studiare, ma non farò assolutamente il nome.
Non adesso. Magari poi.

Comunque, nelle cene di agosto nella cascina della sua famiglia nei dintorni di Tortona iniziamo a pensare che vogliamo fare delle cose insieme.
Dei corsi, degli eventi, di preciso ancora non lo sappiamo, ma vogliamo farlo a Genova.

Nel corso di questo anno che è scappato via a gambe levate abbiamo preso qualche cantonata, fatto qualche deviazione, scelto una strada piuttosto che un'altra.
Abbiamo raggruppato altri splendidi compagni di viaggio, come Laca, Susanna, Daniele.
Abbiamo incontrato assessori, consulenti, tutor, direttori di musei.
Abbiamo perso gli occhi a fare briefing, business plan, neanche un brunch ma abbiamo bevuto parecchi caffè e ci siamo anche concessi qualche piccola soddisfazione.



Abbiamo contattato un sacco di persone bellissime, professionisti, superstar, rockstar e antistar del fumetto italiano.
Abbiamo scritto nero su bianco quello che volevamo fare.
Studiato una traccia per i corsi.
Abbiamo un sacco di belle persone che accompagneranno.
Abbiamo firmato.

Nasce così la Genoa Comics Academy.
La prima scuola di fumetti genovese.


Ci siamo.
Partiamo.
Esiste sulla carta.
Esiste fisicamente, deve solo essere animata da tutti voi.



Tutte le informazioni che cercate le trovate QUI.

sabato 6 agosto 2011

Tutte tranne una.

L'anno scorso erano centinaia. Rosse come il sangue, come le lotte, come l'amore per la mia città.
L'anno scorso avevo riempito le strade dei loro colori sovrapposti e sgargianti. Erano belle come un tramonto d'estate. 


Quest'anno ne è rimasta una sola.
Ben visibile, ma una sola.
Perché non lasciarne neanche una mi avrebbe fatto passare per la solita persona pessimista antipatica e crepuscolare™.

Che poi, che noia se io fossi davvero così. 



Infatti eccola qui, bella bianca, splendente. Non puoi non vederla. Puoi perderti qualche storia, qualche personaggio nascosto nel tronco, ma lei non puoi far finta che non ci sia.


Tutte le altre le ho uccise. 
Una a una, con la dedizione che si riserva alle cure migliori.
Lei è ancora viva, perché possa raccontare alle sue simili che cosa succede se provano a tornare, quelle stupide farfalline che a volte si agitano nello stomaco, e che si tengono a bada con qualche buon bicchiere di insetticida.

Ma non fraintendetemi, non è vero che non c'è più amore, o non c'è più un sacro fuoco che mi anima, che mi fa vivere qui. Anzi. C'è eccome ed è nascosto nella firma più bella di sempre, messa sulle scale di corsa perché dovevo consegnare questa illustrazione, nel messaggio del mio socio alle 10.00 del mattino che dice di aver registrato l'associazione culturale, nelle texture che mi ha mandato per completare il disegno, nei consigli rivelatori di Ausonia, nell'aiuto di Fabrizio per l'inchiostrazione (che si sa io c'ho il morbo di parkinson quando inchiostro), nella bottiglia di spumante stappata ieri sera, nelle parole che verranno. Che spero siano solo quelle giuste.






giovedì 4 agosto 2011

Ode d'amore.

Tu mi rendi capace di reggere anche le giornate più lunghe, quelle che si fondono con le notti in cui il sonno mi è precluso.
Il tuo profumo al risveglio mi riaccende meglio di mille baci sfioriti nella notte.
Sei il mio contatto con la realtà, l'energia residua che si ricarica.

La tua forza e la tua veemenza, a volte, riescono a farmi battere il cuore in petto, fino a cercare di farlo esplodere.Come se volesse scappare via.

E amo la tua scura profondità, la tua amarezza che ti rende unico come tutte le cose che hanno la fortuna di essere a cavallo tra la ferocia e la dolcezza più estreme.

Tu, meraviglia del mondo, che sul fondo di te puoi farci leggere futuri improbabili, storie inimmaginabili.

Ma la gioia, per me, è che  tu ci sia ogni mattino al risveglio, che tu sia presente nelle mie giornate, come un attimo di respiro, e che tu non abbia bisogno di essere ammansito, perché sei meraviglioso così.
Per me che non ho voglia di edulcorare mai niente.

E quando non ci sei potrei uccidere per averti.
Sei la mia dipendenza.
Il mio amore.
L'amore che risveglia i sensi, che rende sopportabile il mondo.
Quell'amore a cui non ho mai intenzione di rinunciare, anche quando mi dico che devo chiudere con le ossessioni, perché ogni dipendenza uccide un'ambizione.

E come tutti i grandi amori di cui si abusa, prima o poi mi ucciderai.



Maledetto caffè.

martedì 2 agosto 2011

Fuori dalla terra, dentro ai nodi del tronco.

Anche quest'anno è un albero.
Anche quest'anno, esattamente come l'anno scorso, mi hanno chiesto una chioma rigogliosa.
E radici fuori dalla terra. Radici che tutti possano vedere, ma che non sono piantate da nessuna parte.
E dentro ci saranno tutte le mie storie attorcigliate.
Sono partita dalle ombre più scure, in compagnia di un silenzio capace di dilaniare da dentro.
Sono partita per trovare dei riverberi di luce, e schiarire quelle ombre troppo nere.
Non so dire dove arriverò. Intanto vado.



Una preview, senza tante altre parole. Quelle arriveranno dopo.