mercoledì 23 gennaio 2013

Il Cavallo di Troia


Ottobre 2012. I primi dieci giorni.



Questa foto è un po' banale.
Cos'è se non una linea di orizzonte dritta, un peschereccio con la scia del suo passaggio sull'acqua e di gabbiani in cielo che lo seguono? Non è niente. Se non un bel ricordo. Perché le cose belle del mio 2012 si sono rivelate un Cavallo di Troia. Nascondevano dentro di sé un po' di mostri banali, come questa foto. Una foto che non racconta una storia. Che non racconta niente. Solo un peschereccio con la sua scia in acqua e una scia di gabbiani in cielo che lo segue.
E due persone sulla spiaggia, dietro l'obbiettivo, che avevano fatto il bagno, si erano incontrate e perse tra le onde, e dei fiori che non si sapeva bene dove finissero.
È una storia.

Volevo un ricordo bello, un piccolo tesoro preso dalla scatola disordinata di tutte le cose che non mi riesce facilissimo dimenticare.

Nell'altra foto ci sei tu. In controluce. Se non sapessi che sei tu non ti riconoscerei dalla tua ombra. Forse non ti riconosceresti nemmeno tu.
Guardo questa foto che non ho voglia di cancellare.
Ha una storia banale.
Non dice niente, a parte di un peschereccio che sta tornando verso il porto e lascia la scia del suo passaggio dietro di sé, una linea più scura in acqua, e una scia di gabbiani che lo inseguono in cielo.
Dice solo che quello era un bel momento. Un bel ricordo. Pieno di acqua fredda, di risate per non congelarsi e che in realtà era un Cavallo di Troia.

Cassandra era rossa, e nessuno voleva crederle, ma sapeva la verità.
Cassandra era rossa e teneva la mano sul fuoco più di tutti gli altri, ma nessuno voleva crederle.
Cassandra era rossa e a volte non voleva leggere il futuro, perché preferiva non crederci.
Troia ora brucia.
Ulisse si è perso per mare e non riesce a tornare a casa.
Achille è cieco per volere della Dea.
Ettore è stato dato in pasto a cani ed augelli.
E noi non abbiamo mai capito dove finiscano i fiori.
Forse sono ancora incompleti, non finiti.

E c'è questa storia dietro a una foto banale.
Che non racconta niente.
Che non ha ancora sull'orizzonte le linee infuocate dell'incendio di Troia.
Ha solo un peschereccio, che torna verso il porto alle prime ore della sera e lascia dietro di sé una scia più scura sull'acqua e una scia di gabbiani che lo inseguono in cielo.

E noi, con una birra piantata nella sabbia, come se fosse agosto, che ridiamo di quel mare così azzurro in una sera d'ottobre.

mercoledì 16 gennaio 2013

Coccodrilli

Non avevo capito.
Vedevo questo video pubblicato e non capivo.
Forse solo perché non volevo capire.
Perché a volte vorrei essere più stupida. Tanto più stupida.
Poi alla fine ho acceso i collegamenti sinaptici e ho capito.
Perché era chiaro come il sole.
Ci ha lasciati Paolo Morales.
Per me è stato un MAESTRO, di quelli che meritano questa dicitura tutta scritta maiuscola.
Perché nelle lezioni a cui ho assistito quando frequentavo la Scuola Romana dei Fumetti mi ha dato tantissimo.
Perché quando faccio lezione lo cito spessisimo, come cito l'altro mio sensei.
Perché di persone così ne hanno fatte poche.
E mi mancherà. Perché non l'ho mai reincontrato per ringraziarlo, per non ho mai avuto la confidenza che mi sarebbe piaciuto avere, quella di alzare il telefono dopo una lezione che ho preparato pensando alle cose che mi ha insegnato e dirgli grazie.
GRAZIE.
Ecco.
Io i coccodrilli non li so scrivere. So solo che mi mancherà.

martedì 1 gennaio 2013

Cimento.

Io lo so che quell'acqua e fredda.
Lo vedi dal colore che è gelida.
È grigia come il ghiaccio, e sembra solida.
Soffia Scirocco leggero, forse è per questo che in tre siamo abbastanza pazzi da provarci.
Cerchiamo un punto sulla spiaggia, uno dove non si abbia troppo pubblico, dove ci sentiamo più riparati dagli occhi della della gente e da quel vento che dovrebbe essere caldo, ma non lo è davvero.
Ci sono otto gradi, forse dieci.
L'acqua anche è tra i dieci e gli otto gradi.
Ci guardiamo, ridiamo, ci chiediamo com'è che abbiamo avuto questa idea da pazzi.
Ah sì, l'ho avuta io.
Perché l'ho avuta?
Perché ieri c'era il sole.
Perché sto andando a nuotare tantissimo ultimamente.
No, forse l'ho avuta per quella canzone dei Bosio che ha scritto il mio coinquilino: Cimento.

Non è vero niente di tutto questo.
Ieri mi sono resa conto che lo volevo fare da tempo, che era dal 21 ottobre, quando ho fatto l'ultima nuotata in mare che volevo farlo.
E volevo farlo oggi.
Perché è importante festeggiare i riti di passaggio. Dicono che sia importante farlo per dirsi che si va avanti.
Perché ieri mi si è rotto l'orologio da polso, durante la notte, e ho pensato che forse ho perso troppo tempo a non affrontare certe paure.
Perché questi due amici a cui ho chiesto di tenermi l'asciugamano, stamattina mi hanno scritto che l'avrebbero fatto con me.
Che mi avrebbero seguito in acqua.
Che l'avrebbero fatto anche loro il cimento.

Ci spogliamo, ci facciamo un autoscatto.

Sori (GE) 01/01/2013

Vogliamo le prove che lo stiamo facendo davvero.
Fa freddo appena togliamo i vestiti. E io quel mare lo vedo grigio e quasi solido. Come se fosse di ghiaccio.
Stefano mi prende per mano.
Lo fa anche Manuela.
Loro sono più coraggiosi.
Mi danno della pazza, ma io so che loro lo sono più di me, perché non solo mi hanno sostenuto in questa idea folle, ma mi accompagnano.
E loro riescono a entrare in acqua al primo colpo.
E riescono a farlo davvero.
Io arrivo a bagnarmi le ginocchia e torno indietro.
Terrorizzata da quell'acqua di pietra.
Li guardo e li stimo tantissimo.

Sori (GE) 01/01/2013

Li invidio anche. Li invidio davvero.
Perché io vorrei andare a mollarci alcuni macigni che mi porto nella pancia in quell'acqua gelida.
Perché mi sono svegliata dicendomi che tutto quello che mi chiedevo per onorare questo rito di passaggio era bagnarmi in quel mare.
Quel mare che mi devo riprendere perché a un certo punto l'ho regalato a qualcuno che mi ha strappato a brandelli.
E io devo tornarci, in un modo nuovo, con qualcosa che non ho mai fatto.
Perché lo amo, e lo temo. Come sempre.
Lo amo e mi chiama anche se è grigio, duro, e freddo.
Cristo se è freddo.
Porgo gli asciugamani a Manu e Ste.
Li abbraccio.
Mi tremano le gambe.
Ho i piedi rossi per il freddo, io.
Loro non sembrano toccati dalla faccenda.
Mi tolgo l'accappatoio, scoppio a ridere come una psicopatica e vado.
È una questione mentale.
Entro in acqua velocissima, scendo fino ad averla sulle spalle, mi volto verso la riva alzando le braccia e grido loro «Fino alle spalle vale? Fino a quando devo contare?».
Conto fino a un ventuno indicativo, ma forse era undici, o trentasette. Non me ne frega un cazzo.
L'acqua gelida mi stringe la gola.
Dopo la notte di lavoro passata ho già un principio di bronchite.
Forse non è un'idea geniale restare in acqua.
Corro fuori, ridendo, l'adrenalina mi fa tremare le gambe.

Sori (GE) 01/01/2013

Manuela mi fa questa foto bellissima. Io sono felice. Ci abbracciamo tutti e tre tremando dal freddo.
Una frotta di ragazzini viene a sedersi dietro di noi, guardandoci come se fossimo dei matti.
Forse lo siamo.
Un po'.
Ma siamo lucidamente folli in quel momento.
E felici.
Ci asciughiamo. Ci vestiamo lentamente.
Beviamo il tè caldo che ha portato Manu, correggendolo con della cachaca. Riprendiamo la circolazione, io ho più freddo di loro.
In quel momento arriva un messaggio di Francesco, che mi dice che oggi è nata la sua bambina, che aveva fretta di venire al mondo.
È nata Amelia.

Il mio 2013 inizia così.
Con un bagno in un'acqua gelata, con una paura messa da parte, con una bellissima notizia nonostante soffi Scirocco, con la voglia di riprovarci di nuovo e di dirmi che posso resistere di più, con una bambina che viene al mondo e un papà che mi fa una telefonata emozionatissimo.
Il nostro primo cimento.
Anche se io non ho dato il massimo, sono felice.
Perché qualche macigno l'ho lasciato sul fondo in quel momento.