Stanotte ho sognato che la bozza di questo post fosse pubblicata senza che io me ne accorgessi.
Di trovare dei commenti che mi chiedevano perché avessi messo un post incompleto e che fondamentalmente non dice nulla.
Il fatto è che non volevo scriverlo.
Ultimamente vedo tutto (troppo) dal lato emotivo.
Non riesco a fare analisi lucide.
Non mi è mai riuscito particolarmente bene lo ammetto. Ma questa volta avrei voluto tantissimo avere una mente ferma e lucida. Guardare tutto dal di fuori.
Non ce la faccio. Non ci riesco.
Non volevo mettermi a scrivere anche io un coccodrilo.
Per quarantotto ore ho pianto silenziosamente davanti alle notizie dell'ansa.
Davanti agli articoli che ho letto in giro. Quelli che sono pieni di banalità e quelli scritti da chi Vittorio lo conosceva veramente.
Non come me, che lo conoscevo di "fama".
Che mi limitavo a seguirlo, leggerlo saltuariamente e a darlo per scontato, nei racconti di molti che sotto il cielo di Gaza ci sono passati, ma sono tornati indietro. Perché lui era una di quelle persone di cui, se sei stato in certi ambienti, se hai seguito e hai cercato di intervenire in certe cose non potevi non conoscerla. Non sapere chi fosse.
Anche chiudermi al mondo per ore senza connessione, a finire un articolo, a cercare di limare un racconto, di finire qualche bozzetto, non mi è servito a niente. A un certo punto alzo gli occhi guardo fuori dalla finestra e lo so. Lo so che la realtà è lì che aspetta. Anche quando cerco di non vederla.
E io so che ho una mente troppo piccola per comprendere fino in fondo la totalità degli eventi.
Mi odio perché penso all'ansia di finire un articoletto che parla di fumetti per Comic-Soon, perché mi chiedo che senso abbia scrivere di frivolezze e prendersi troppo sul serio quando lo si fa.
L'arte, tutta, ci serve a sopravvivere a questo mondo. Ma se è fine a se stessa non serve a cambiarlo.
Mi odio perché anni fa ho scelto di allontanarmi da certe situazioni perché riuscivo a raccontarmi la favoletta che anche fare fumetti e produrre cultura fosse una forma di resistenza.
Ne sono tutt'ora convinta. Ci sono un sacco di persone che questa cosa la mettono in pratica meglio di me. Che producono con i fumetti, con i libri, con il cinema medicinali ad ampio spettro. In grado di guarire le ferite, o quantomeno di scatenare una scintilla nella testa delle persone. Di farle pensare ancora.
Anche se ora mi sembro solo una persona fatta di chiacchiere. Perché le mani in certe storie non le ho più messe. Presa come sono dal bisogno di un riscontro professionale per quello che faccio.
Per questo la morte di Vittorio mi manda in pezzi.
Mi manda in pezzi nel lutto che sento nella voce degli amici comuni, e di quel lutto che percepisco anche senza aver il coraggio di chiamare gli altri.
Mi manda in pezzi quando tra i preferiti vedo che ho il suo blog, e che mi illudo che poi lui lo aggiorni ancora e che non sia successo nulla.
E perché sei una morte vicina, così vicina da non riuscire a guardare il video del tuo rapimento. Da stentare ancora a crederci.
Perché ho letto da tante parti che la "pace" viene privata di uno dei suoi figli migliori. Ed è vero.
Perché quando muore la speranza resta solo l'orrore che colpisce in pieno chi vorrebbe rimanere umano.
Perché durante l'operazione "Piombo Fuso" di due anni fa tu eri lì. Sulle ambulanze. A fare da scudo umano e a raccontarci quello che altri non avrebbero voluto farci sentire.
Io sotto quel cielo, sotto il cielo di Gaza non ci sono stata. Il passaporto quando ho provato a richiederlo per partire con la carovana Sport Sotto Assedio, anni fa, è rimasto bloccato per accertamenti in questura.
E sta ancora lì.
Ma lo leggevo. Sapevo chi fosse. E lo stimavo.
E per quanto sapessi che la sua scelta era tra le più complicate e difficili al mondo, non avrei mai pensato che potesse morire così.
Giovedì sera era un "ridatecelo indietro".
Nessuno di noi avrebbe mai potuto immaginare questa evoluzione degli eventi.
Nessuno di noi voleva trasformare una manifestazione per riaverti indietro in una manifestazione per ricordarti.
Ora ci sono troppe parole appese alle dita.
Troppa confusione.
E tanto dolore, e una rabbia che non riesco a spegnere in nessun modo.
Perché in questo mondo schifoso io mi occupo di fumetti.
Vedo le polemiche e le guerre assurde in un ambiente che dovrebbe preoccuparsi solo di vivere con un po' più di leggerezza e fare bene il proprio lavoro. Perché la cultura è importante. E le guerre, quelle vere, sono un'altra cosa.
Sono fatte di aerei carichi di bombe che rendono il cielo lattiginoso, di proiettili, e in Palestina anche del fumo del fosforo bianco.
Perché le galere a cielo aperto, com'è poi la Striscia di Gaza, noi non sappiamo nemmeno che cosa siano.
Perché noi lottiamo per avere un riconoscimento tra gli addetti ai lavori e abbiamo tantissimo tempo da perdere in sterili polemiche in internet.
E intanto il mondo fuori dalle nostre finestre urla incessantemente quanto fa schifo.
Urla così forte che se avessimo la decenza di ascoltarlo per un momento ci esploderebbe la testa.
E Vittorio è stato ucciso nel modo peggiore che io possa immaginare, nel modo in cui si ammazzano le speranze. Nel modo in cui si zittiscono le belle voci.
Lui ci diceva di "restare umani". Sì. Restiamo umani, ma nell'accezione migliore del termine. Non in altro modo.
Ciao Vittorio.
Seguendo questo LINK troverete un'analisi che non va presa come una verità assoluta, ma aiuta a fare un po' di chiarezza su questa situazione particolarmente complicata.
Potete farvi un'idea più chiara su di lui ascoltando la corrispondenza di una sua compagna che potete sentire QUI.
1 commento:
Io non lo conoscevo. Ma mi manca lo stesso
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