mercoledì 28 settembre 2011

Open-Day!

Ci siamo, dopo aver montato i tavoli, pulito le aule, imprecato mentre montavamo le sedie, tolto la polvere e messo la polvere al suo posto (cioè nella spazzatura), dopo aver deciso che domani si brinda, si parla, di prende appuntamento. Dopo averlo urlato ai quattro venti, lo dico anche al quinto, per non sbagliarmi.
Domani apre finalmente la Genoa Comics Academy!
Dalle 18.00 alle 20.00 vi aspettiamo al Centro Polivalente Sivori, in Salita Santa Caterina 12r.
Potrete prendere appuntamento per i colloqui individuali nei prossimi giorni e vedere per la prima volta, con i vostri occhi, che è tutto vero.
Non mancate!

martedì 20 settembre 2011

Uccidere i propri slogan

Negli anni sessanta e settanta c'era uno slogan: “Uccidi lo sbirro che è in te”.
Non serve spiegare a cosa si riferisse. Il bisogno di liberarsi di tutta una serie di sovrastrutture era alla base di quegli anni dove per un attimo si era sfiorata una rivoluzione culturale. Rivoluzione che in parte c'è stata e in parte è morta affogata nell'eroina, nelle carceri speciali, nelle bombe, oppure è andata dal sarto, si è fatta fare un vestito nuovo ed è finita a raschiare il fondo del barile in parlamento, rinnegando se stessa.

L'eco di quelle parole però (e non solo queste ma sono quelle che fanno al caso mio adesso) è arrivato lontano, anche ad alcuni di quelli della mia generazione. E siamo cresciuti uccidendo ogni giorno dentro di noi queste sovrastrutture, o almeno provandoci.

Quando decidi di metterti a scrivere seriamente, non più di giocare “all'autore” una delle prime cose che devi fare è scendere a patti.
Ridarti una sovrastruttura. Costringere il tuo essere caotico a rimanere compresso e piegarsi al tuo volere. A uscire dalla punta delle dita con il contagocce in modo da non sporcare troppo in giro ma da prendere corpo in quello che stai scrivendo.

Lavorando al programma didattico della Genoa Comics Academy

Quello è il momento di nutrire la parte più odiosa di te, il tuo secondino. Devi diventare il carceriere di te stesso, chiuderti e non distrarti. Di fare delle rinunce, di scegliere. Perché il percorso creativo non è quasi mai una passeggiata in campagna, a volte è fatto anche di qualche piccola ferita aperta, di qualche rinuncia per un bisogno incontenibile che ti fa rimanere attaccato al computer a vomitare parole fino a quando non suona il telefono e ti rendi conto che fai fatica a parlare. E' qualcosa di molto simile all'autismo per certi versi.

E così sto provando a non ribellarmi al mio carceriere, sto cercando di uccidere gli slogan, di gestire questo caos per dargli un senso. 

E in questo modo miglioro la qualità della mia stanchezza, che a pochi giorni dall'inaugurazione ufficiale della Genoa Comics Academy vi assicuro che non è poca, anzi, ma riesco ad andare a dormire con il sorriso, quando a notte fonda apro l'agenda e spunto tutte le cose che dovevo fare nella mia giornata.

Ah, sì, giusto. Sabato sera mi trovate QUI all'evento di Tarick1 e Motel Connection. 

giovedì 1 settembre 2011

C'era un tempo bellissimo per le esplosioni.

Sarà quella parte di me che ha bisogno di una luce fortissima per poter godere delle sue ombre più lunghe, sarà che quel posto ha qualcosa di strano e affascinante nello stesso momento, come un deserto di ricordi.

Cornigliano.

Dove l'odore che respiri lo sai benissimo che ha un po' a che fare con la morte, con le polveri sottili buttate nell'aria per decenni.
Quel quartiere dove al posto di un castello meraviglioso hanno costruito opifici e altiforni.
ILVA e Ansaldo sono nomi che hanno a che fare con il quartiere con il più alto numero di tumori della città, con le vie più rumorose, con l'aria più irrespirabile

Sei un piccolo aereo abbattuto, la carcassa del borgo di pescatori, privato senza pietà dello sbocco al mare che ti aveva reso famoso.
La tua unica colpa è esserti trovato in un posto strategico per lo sviluppo della città.


Eppure, stanno cercando di rimetterti a nuovo. Villa Bombrini sembra un tentativo di ingannare la vista, di distrarre un attimo. Vuole mandare in cortocircuito le tue percezioni appena ci entri.
Dimenticare il deserto e il degrado che la circondano sembrano i suoi scopi principali.


Ma lo sai benissimo che dietro di sé non riesce a nascondere i tuoi detriti. I resti di quello che sei stato.

La tua vergogna stanno cercando di estirparla esportando un po' per volta, come si fa con una metastasi, tutti i tuoi resti e quello che è rimasto dopo la tua condanna (anche se ti hanno piazzato una serie di grattacieli in ordine completamente casuale, come se gli fossero caduti dal cielo nel posto sbagliato ma pesassero troppo per buttarli via).



L'hanno fatto, credono di poter riempire gli spazi con i vuoti che lasciano e non vice versa. 

Ma ieri c'era un tempo bellissimo per le esplosioni, per degli altri pezzi di te da abbattere. Perché quei capannoni, quelle fabbriche abbandonate sono diventate davvero troppo ingombranti per tutti.


E l'hai detto con un boato fortissimo, coprendo il sole con il fumo dell'esplosione.
All'improvviso, prendendomi alla sprovvista, senza darmi il tempo di salire in alto per guardare meglio, per fare quella che sarebbe potuta essere l'unica foto decente di te in questa giornata.
Tutto è durato un attimo. Poi il fumo si è diradato velocemente e hai spento il sole dietro i palazzi, in un tramonto che aveva qualcosa di post-atomico.


E io sono rimasta con quel sorrisetto ebete stampato in faccia, che aveva l'eco di qualche storia da raccontare e la consapevolezza di non volerlo fare a parole ma andando a cercare, la prossima volta, le immagini migliori per farlo.