lunedì 20 febbraio 2012

Ormai un po' di sfortuna

C'è un vecchio detto di quella nebbiosa e triste pianura dove sono nata io che dice “De venare e de marte non se sposa e non se parte”.
Non l'ho mai preso per vero (anche se all'epoca io mi sposai di domenica per esser sicura di non sbagliare) a parte quando si parla di venerdì 13 o venerdì 17.
Giorni che nei miei ricordi più reconditi hanno a che fare con i compiti a sorpresa di matematica e di chimica, materie per le quali, come potete immaginare, dimostravo lo stesso talento che può avere un orso ubriaco per la danza classica.

Venerdì 17 febbraio di un anno bisestile può essere tranquillamente il giorno in cui posso assalirmi sciami di cavallette mentre piovono rane che schiantandosi al suolo uccidono tutti i primogeniti e trasformano l'acqua in sangue.

Robe del genere insomma. Per una persona ottimista come me poi è facile svegliarsi la mattina di un venerdì 17 e chiedersi perché si sta alzando dal letto quando potrebbe sparire con nonchalance tra lenzuola e piumoni e rendersi irreperibile fino alla mezzanotte.

Ma io sono un'ariete, non ho paura di niente (a parte di vomitare sulle scarpe di qualcuno) e quindi perché non sfidare la sorte e mettersi in viaggio fino a Bologna in giornata di scioperi sparsi su più regioni?

Perché non farlo? Perché non perdere tre coincidenze a Milano e pagare 30 euro per fare un viaggio in piedi su un Freccia Rossa senza che passi il controllore e mangiandoti le mani?
Perché non farlo?

Perché non arrivare in una Bologna freddissima e ancora sotto la neve? Perché non fare le foto peggiori della tua “carriera” a uno dei concerti che avevi proprio voglia di sentire in questo periodo?
Orsù perché non coltivare un po' della tua sfortuna?










Insomma, se avessi dato retta a quel proverbio non sarei mai andata a sentire i Fine Before You Came al Covo, non avrei riso tutta la sera come una scema, non avrei preso una culata nella neve quando mi hanno accompagnata a casa dei miei amici che mi ospitavano, e non mi sarei rovinata la reputazione. Che voi direte “Tanto, ormai, di quale reputazione stai parlando?”.
Infatti, volete che me ne freghi della mia maledetta sfortuna?

Le altre (poche) foto che ho salvato della serata sono QUI.

mercoledì 8 febbraio 2012

Quel mattino che la voce mi aveva abbandonato

Era una mattina non tanto fredda, ma una mattina di ottobre.
Era il quarto giorno consecutivo di Lucca Comics & Games dello scorso anno.
Era l'ennesimo giorno di febbre e laringite, sì, perché tra i miei super poteri c'è quello di ammalarmi il primo pomeriggio di un festival ogni strammaledetta volta.
I sintomi sono sempre gli stessi: perdo la voce, mi sale la febbre (quella che mi fa vedere i draghi verdi sul soffitto) e mi viene uno sguardo da serialkiller che me ne basterebbe la metà per spaventare bambini e adulti.
Peccato che io sia un amore e nessuno se ne accorga mai, in fiera.

In ogni caso, accadde che quel mattino io mi svegliai completamente afona, non un suono, non un filo di voce. Non so se avete idea di cosa vuol dire completamente afona, la mattina prima di un'intervista in cui devi parlare a lungo della Genoa Comics Academy e di Double Shot.
Significa entrare in una farmacia con le lacrime agli occhi, un pennarello in mano, prendere la moleskine e scrivere al farmacista testuali parole: “Tra un'ora ho un'intervista importante e mi serve la voce. Se muoio tra due non è un problema”, cogliere lo sguardo spaesato del farmacista (che cerca di spiegarti che le corde vocali sono una cosa delicata) e aggiungere al suddetto foglio “Non sto scherzando”.
Ed ecco qui, tra i deliri della mia febbre, le belle chiacchiere con redazione di MercuryComics, rinomata trasmissione di Radio Impronta Digitale.
Enjoi!


lunedì 6 febbraio 2012

Non fermarti, se ti fermi sei morto.

Di Gazebo Penguins, di Milano (in Siberia), di mostri a due teste, di sciarpe annegate nella birra, di sogni che si avverano e di file di aspiranti suicidi.


Quei maledetti non stavano fermi un secondo. Se cliccate la gif qui sopra ve ne rendete conto. Rovesciavano microfoni, saltavano come matti e spaccavano.
Riuscire a fare delle foto decenti tra il pogo che sfondava le transenne, il fuoco che non funzionava e il fatto che loro non stavano fermi un attimo, faceva sembrare il primo giorno di Gwen Cooper in Torchwood una gita rilassante.

Pensavo di aver preso un treno per Milano, invece, ne sono sicura, ero in Siberia (infatti non solo c'era un freddo di quelli che ti spanano il cervello, ma pure una discreta quantità di vodka liscia nei miei magici bicchieri che non si svuotavano mai).
Sono sicura. Ho preso il treno sbagliato.
E poi c'erano pure i Pinguini (ma non stavano al polo sud?) e un festival che c'aveva un titolo che poi mi tocca farmi delle punture di insulina velocissimamente o il diabete mi stronca.


Vabbè, insomma c'erano loro (che erano il motivo principale per cui ero lì), c'erano loro e quello che li accompagna in giro, che è uno bravo e che ogni tanto mi porta a spasso e io faccio le fotine (perché sono un'autistica con problemi sociali e riesco a vivermi la socialità solo dietro un obiettivo o dopo un paio di bottiglie di vodka), e poi c'era la gente che, appena hanno iniziato a suonare, ha sfondato le transenne ed è partita in un pogo che mi ha fatto sentire di nuovo ggiovane.
Talmente ggiovane che sto scrivendo un po' a caso.


Loro che sono i miei nuovi eroi perché mi hanno fatto morire dalle risate, perché quando è arrivato quello delle magliette e il Capra gli è saltato sopra suonando come un forsennato io non ci potevo credere. Anche se ero dall'altra parte del palco (perché sono una fifona e non volevo farmi frantumare la reflex nel pogo) e avevo montato l'obiettivo sbagliato per scattare questa foto.
Ma nel video che ho raccattato su youtube potete vederlo meglio:


E il Capra che scende dal palco, ci guarda e ci dice "L'avevo sognato stanotte di saltare in groppa a Jacopo e poi l'ho fatto davvero". Il mostro a due teste migliore che io abbia mai visto.








E poi via, a perdersi nella neve, con così tanti gradi sotto zero che volevo mettermi a piangere, ma non l'ho fatto che poi mi si ghiacciano le lacrime sulla faccia ed è un casino. Soprattutto quando la tua sciarpa si è fatta una nuotata in un mare di birra cinque minuti prima...

Il giorno dopo si parla della fila degli aspiranti suicidi per entrare alla mostra della Pixar (due ore e rotte in mezzo a una tormenta di neve), di pranzi, merende e colazioni che arrivano tutte insieme alle cinque e mezza del pomeriggio con una pizza acciughecapperieolive e una tazza di tea caldo (che manco i giapponesi eh), di "Non fermarti che sennò muori". Perché è vero che a parlare del tempo ci si annoia, ma noi, per trovare un bar aperto in centro a Milano la domenica pomeriggio abbiamo camminato delle mezz'ore, e non ci siamo fermati, nemmeno ai semafori rossi, che sennò saremmo morti.


(Tutte le altre foto dei Pinguini le trovate QUI)