martedì 19 luglio 2011

tremilaseicentocinquantaduegiorni (più o meno)



Il conto è facile, ci si toglie uno zero se si divide, lo si aggiunge se si moltiplica. E si aggiungono o tolgono due giorni, quei 29 febbraio che è brutto non mettere nel conto. 


Dieci anni. 


E il suono degli elicotteri sopra le nostre teste ha ancora un eco profondo e il suono delle sirene ancora ci rimbomba nelle orecchie. E brucia, brucia ancora.


Mi sembra passato un giorno, invece non è così.

Però io ricordo, ricordo che è qualcosa di ancora irrisolto, che per quelle giornate, in cui lo stato di diritto è stato completamente annullato, ci sono ancora dieci persone che rischiano 15 anni di carcere. 
E non ho intenzione di dimenticarmi che ancora adesso, ci si perde nel luogo comune del complotto, che c'è ancora chi, nonostante sia stato messo davanti alla gravità della situazione, continua a linciare i “manifestanti cattivi”.


Ma sì, dai, che cosa dico. Quelli sono brutti, ma brutti davvero.
E sono neri.
E sono cattivi.
E possono anche marcire in galera per espiare i peccati di tutti gli altri.
E noi, possiamo anche dimenticarcene.
E possiamo anche riutilizzare questa nuova etichetta che ora compie dieci anni, BlackBloc, e appiccicarla a tutti quelli che per un momento si incazzano.
Perché colpire le cose, lo sappiamo tutti, è molto più grave che colpire le persone.
E queste non sono parole al vento, è un risultato giuridico. Dei processi conclusi, bloccati o che ancora continuano. Ma è anche un risultato sociale e culturale.
La merce non si tocca.
Le cose non si toccano.
I poteri forti non vanno messi in discussione.
Non dovete scegliere.
Come fate a dimenticarlo? La Val di Susa non è abbastanza sotto gli occhi di tutti? Mica c'è solo il g8 di Genova del 2001! 


Parliamoci chiaro, non ce l'avete una famiglia a cui pensare? Un mutuo, un sogno, un lavoro. Abbassate la testa, abbassate le braccia e siate tranquilli. 
Dimenticate. Dimenticate la vostra storia, i vostri sogni, il vostro desiderio di un mondo migliore.
Non uscite dagli schemi. 
Siete solo teste calde, carne da macello, ma per voi la redenzione è a portata di mano.
Fagocitate i morti, usateli come bandiere, ma dimenticate. Dimenticate il contorno. Ricordate la storia dalle altre voci. Dimenticate la vostra. Alla fine è quello che fanno le persone per bene. Ora addormentate i vostri cervelli così che possiate dormire senza sogni. Senza rabbia. 



Dieci anni e la ferita è così profonda che brucia dentro tutte e tutti noi, anche quando proviamo a distogliere lo sguardo per non ferirci. 
Per non farlo ulteriormente. 
Noi comici spaventati guerrieri, che con tutte le età che abbiamo siamo ancora qui, ma non siamo qui  per portare sulle nostre spalle la salma di un sogno, in un funerale lungo dieci anni.
Siamo ancora qui, perché ricordare ci dà la forza di andare avanti, perché non ci siamo persi nei cunicoli della paura, perché abbiamo un milione di forme di r*esistenza nascoste in ogni angolo dei luoghi che attraversiamo, ma soprattutto, perché siamo ancora bellissimi.





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