Saranno i vicoli scuri del centro storico a condizionarmi, sarà questa città aggrappata alla vita con le unghie, sarà vivere per queste vie pensando continuamente allo splendore perduto. Qui siamo un po' tutti labirintici, strani, ombrosi. Il fatalismo di quello che non può essere ci accompagna sempre.
Genova stravolge l'ordine delle cose, entriamo dall'ultimo piano delle nostre vite per scendere sul fondo e non ci sono concessi percorsi lineari, tanto che nella testa abbiamo stampata l'idea che la vita ha l'andata in salita e il ritorno di nuovo in salita.
Rimaniamo all'ombra di questo porto che in realtà non viviamo per niente se non negli strascichi del suo rendere questa città un posto di continuo passaggio, perché «L'eterno vagabondo non ha diritto al ritorno» diceva Michel Saunier, ma forse ha diritto sempre a una nuova partenza.
Rimaniamo all'ombra di questo porto che in realtà non viviamo per niente se non negli strascichi del suo rendere questa città un posto di continuo passaggio, perché «L'eterno vagabondo non ha diritto al ritorno» diceva Michel Saunier, ma forse ha diritto sempre a una nuova partenza.
E in queste notti in cui mi addormento di nuovo con il porto fuori dalle finestre mi chiedo: “Dove si va da qui?”.
edit: 24/10/11 13.19
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