Delle cinque date in cui dovevo seguire i Balmorhea in Italia sono riuscita a farne solo tre e ammetto che ancora mi mangio le mani. Mi mangio le mani perché sarei stata capace di seguirli in capo al mondo. Ma questo è normale quando si è ossessionati come me dalle cose belle. E loro non sono solo musicalmente talmente suggestivi da crearti dei mondi nella testa quando suonano, sono anche (e soprattutto) delle persone bellissime.
Durante questo mini-tour, mi sono accorta di sentirmi esattamente come i personaggi di alcune storie che scrivo. Anime inquiete che ritrovano il loro equilibrio solo quando si rimettono in viaggio. E mi sono sentita un personaggio particolare su cui sto lavorando adesso, che avevo modellato semplicemente chiedendomi quale tipo di persona si sarebbe potuta trovare nelle situazioni che immaginavo. E non ero io, le avevo dato mille caratteristiche che non credevo mie.
Ma è stato come ritrovarmela nello specchio in albergo, la mattina, quando stavo provando a staccare dagli occhi la densità del mondo che si condensava davanti a me per il poco sonno.
E lì mi sono accorta che mi basta davvero poco per sentirmi felice. Cambiare la valigia, trovare un nuovo strumento per provare a raccontare, non fermarmi nella monotonia delle mie giornate, restare in in movimento. Costantemente. Al costo di pagare il prezzo che viene chiesto a chi si ritrova solo in viaggio, perché alla fine l'eterno vagabondo non ha diritto a un ritorno.
Viaggiare con i Balmorhea mi ha dato la sensazione di trovarmi davanti a dei ragazzi che erano disposti a rinunciare a tante cose per andare avanti con il proprio sogno. Non è stata una gita, non è stato gonfiarsi il petto della propria (splendida) capacità di comunicare. Sono stata in viaggio con sette musicisti dalle capacità rare, di una precisione e una cura per le cose che fanno invidia. Sette ragazzi giovani capaci di mantenere il sorriso nel ritmo serrato del tour che li sta portando in giro per l'europa, precisi, puntuali e con energia e capacità di comunicare da vendere.
Non è il primo tour che mi capita di seguire, ma devo dire che è stata la prima volta che alla fine mi sono sentita svuotata, trascinata dalla piena di una malinconia che non sapevo spiegarmi.
Non è normale per me, ma credo che capiti a tutti quando si passa del tempo piacevole con delle belle persone e ci si saluta imponendosi di non dirsi addio.
Ci sono semplicemente dei viaggi che vorresti durassero un po' più a lungo.
E spero di accompagnarli di nuovo quando torneranno in Italia.
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