sabato 19 maggio 2012

Una valigia piena di ciondoli un foglio di via.

Ci sono un sacco di cose che mi fanno incazzare, in cima a questa lista c'è la moda di gridare “All'espatrio! All'espatrio!”; questo grande gioco di lamentarsi, chiusi nel proprio bozzolo, dicendo che tanto questo è un paese di merda dove le cose non cambieranno mai.
Vi giuro che è una cosa che mi fa accapponare la pelle.


Va bene, a parte il bel mare, il sole, i monti e il buon vino non è che in Italia ce la passiamo benissimo, ma davvero vogliamo campare con il luogo comune dell'espatrio?
Davvero tutto quello che ci rimane dei nostri nonni è questo? Non abbiamo imparato niente dalle loro valigie di cartone? Non abbiamo assimilato niente del concetto di r*esistenza?

Vogliamo davvero lasciare ai nostri occhi solo i sogni che non fanno svegliare?

Lo so che a volte ci si sente dei Don Chischiotte, perché cercare di far le cose qui è molto difficile. A livello culturale, a livello sociale, a livello di arrivare almeno al 15 del mese.
Chi lo mette in dubbio! Nessuno. Davvero nessuno. Qui si fa fatica a vivere di qualunque cosa: della pensione, dello stipendio risicato, del lavoro per cui abbiamo studiato e imparato tanto.
Si gioca al ribasso, alla situazione meno peggio. Siamo dei virtuosi del meno peggio. Meglio di noi nessuno.

Bene, ora io non ho la soluzione in tasca, perché sono nello standard dei giovani italiani che cercano un riscatto e vivono di stenti.
Per cui non ho la formula del successo e della ricchezza, ma sinceramente preferisco trovare ogni angolo possibile di coerenza nella mia quotidianità, preferisco la mia linea da dura e pura della cultura.
Preferisco mangiare la polvere piuttosto che mollare e arrendermi, piangendo come una bambina capricciosa e andarmene.
Sarà che io sono cresciuta con il mito dei marinai e della Resistenza, sarà che il mio senso del bene comune mi supplica, ogni mattina quando mi guardo lo specchio, di non mollare, di mantenere viva quell'ambizione di cambiare le cose, anche solo di una virgola, anche solo creando un'isola in mezzo al marasma.

E oggi più che mai, dopo quello che è successo a Brindisi, voi che urlate all'espatrio e al paese di merda mi avete davvero esasperato.

Riusciremo mai a essere protagonisti invece che meri “utenti” delle nostre vite? Riusciremo mai ad aver voglia di sporcarci le mani con l'anima per lasciar qualcosa di meglio a noi stessi e ai nostri figli, o vorremo sempre e solo un ottimo piano di fuga?


Poi parlo io, me ne rendo conto, che non sono niente, che sono un'errante, non sono una viaggiatrice, una senza terra e non un'emigrante, e proprio per questo non voglio dire a priori che andarsene sia sbagliato. Anzi. Si parla di abbattere i confini, di società senza frontiere, la maggior parte degli amici che ho amato e con cui sono cresciuta sono sparsi ai quattro angoli del globo. Non ce l'ho con gli emigranti, per carità, ce l'ho solo con il qualunquismo e con la lamentela costante sul nostro paese. Ce l'ho con chi urla: “Andiamo via da questo paese di merda!” e non prende mai in considerazione di cambiare le cose, con chi ha l'illusione che fuori sia tutto diverso, migliore, perfetto.
Citando un amico non si torna da mamma andando all'estero.

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