venerdì 22 aprile 2011

Negli angoli sghembi

Tra le prerogative di Genova c'è quella che l'andata è in salita e il ritorno è in salita.
A meno che tu non scelga di fare un percorso lineare che scende verso il mare. Ma è quasi impossibile.
Il lato positivo di tutto questo è che se vivi a Genova, difficilmente ti si affloscerà il culo.
Tra le scarpinate nelle crêuze, e i piani di scale da fare a piedi per arrivare a casa di certo l'attività fisica non manca.



Fuori da questa finestra c'è il mare. Ogni mattina mi sveglio sospesa sul porto della mia città, e in questi tempi di non lavoro mi permetto il lusso di perdere mezz'ora del mio tempo a bere il caffè fissando l'orizzonte. Uno dei pochi modi che conosco per far tacere il mondo che urla nella mia testa.
Per arrivare qui, ogni sera, sono circa trecento scalini, tra salita e scale di casa.
Ogni volta è come salire al Tempio.
I primi giorni ti si spezza il fiato a metà della crêuza, devi fare tre pause per riprendere fiato sulle rampe di casa.
Poi fila tutto liscio. Ti abitui e impari a farlo anche telefonando. È come un rito costante, che ti permette un risveglio migliore.



Genova ha un sacco di spigoli sghembi, di vicoli bui, di tagli di luce, e un direttore della fotografia fottutamente bravo.
Ha una luce che appartiene solo a lei, in grado di affascinarti e di tramortirti allo stesso tempo.

Genova riesce a risponderti quando meno te lo aspetti, in una piazzetta che si apre dopo due vicoli stretti, nella musica dei tuoi amici che suonano per strada. E lo fa sempre quando credi che non ci sia una risposta, quando ti chiedi se è davvero tutto perduto, se la tua scelta è stata quella giusta.
E ieri, tra un bicchiere di vino e l'altro, tra un pezzo e l'altro degli amici che suonavano in quella piazza, ha rimesso a posto tutti i pezzi che avevo perso in giro negli ultimi tre anni.
Gli incontri casuali, che qui non lo sono mai, le persone che dopo anni che non ti vedono ti abbracciano, e l'unica cosa che gli interessa di te non è il lavoro che fai, o quanta gloria tu abbia raggiunto. Sei tu. E ogni pietra di quella piazza, ogni sorriso delle persone che hai incontrato di nuovo ti urla che sei a casa. E che va tutto bene.
Sì, perché che cosa te ne fai della gloria o dei risultati che puoi ottenere in divenire, se attorno non hai le persone giuste con cui condividere tutto questo?

Come fai a sentirti felice se non sei mai nel posto dove ti trovi veramente? Se non cammini mai per delle strade che hanno storie da raccontarti per ogni passo che compi?
La strada che mi sono scelta è come Genova: affascinante, luminosa e piena di ombre e di trappole nello stesso momento. È un percorso in salita sia all'andata che al ritorno. Ti chiede di far fatica per risvegliarti nel modo migliore possibile per riempire gli occhi.
E all'inizio spezzerà il fiato. A volte, lo farà anche quando ti sentirai più allenato.

Non so qual è la parola giusta per dire come mi sento.
Per ora felice è la migliore che mi viene in mente.
E non c'è niente al mondo in grado di farmi più paura di questo.

4 commenti:

Jack ha detto...

Mi piace queste descrizione di Genova. Soprattutto quel particolare "escheriano" ("l'andata è una salita, il ritorno è una salita") :)

Amal ha detto...

Credimi, non è un'invenzione suggestiva, è proprio vero. Il giorno che ti capiterà di girare un po' per Genova lo capirai anche tu... :)

Anonimo ha detto...

E' bello quello che scrivi. E dà qualcosa anche a qualcun'altro, come penso tu sappia e voglia. Ma te lo dico, ti do un riscontro...
Alla fine di questo post al posto di "don't panic" potresti quasi scrivere "presa bene."..anche per farsi due risate in più.

Amal ha detto...

Del post sopra mi sa ;)
Dopotutto PRESA BENE potrebbe essere una nuova interpretazione di quel cartello.
Anzi mi sembra una buona idea rieditare la foto.
Grazie del riscontro comunque, leggere che riesco a dare qualcosa anche a chi legge mi fa addormentare un po' più serena. Chiunque tu sia, utenteanonimo™ torna!