Se non che è stato il momento di un po' di “pulizia” intorno a me. Se non che a parte il mio matrimonio e le persone che ho già ringraziato non ho molto da dire.
Wonderland è stato un successo. Questo, dopo un anno di lavoro, mi rende molto felice.
Il fatto che l'intervista che ho fatto ad Ausonia sia stata letta e riletta, e che lui per primo ne sia soddisfatto mi rende felice.
La mia sposa, gli amici che ci hanno creduto con noi in questo gesto mi rendono felice.
Sì nell'insieme per me, per il mio piccolo acquario, è stata una bella Lucca.
E poi... succede che dopo una bella cena contro la depressione post-Lucca che assale molti di noi addetti ai lavori, mentre perdo un po' di tempo su internet scopro che alcune sensazioni sono vere. Che alcune persone che percepisci come amici lo sono davvero.
Il solito discorso che inizia lentamente, come stai, come non stai, che stai facendo, com'è andato il rientro... bla bla bla. Prende altre vie, tiriamo le somme, parliamo di tante cose, del nostro ambiente, del nostro lavoro, del nostro essere maledettamente umani.
A dispetto della leggerezza di cui sono fatti i fumetti, questo ambiente sa essere spesso molto pesante.
Non dico che tutte le storie narrate nei fumetti siano “leggere”, ci sono fumetti che mi hanno segnato il cuore, scavando lo stesso solco profondo che sono in grado di scavare alcuni libri, alcuni film.
La leggerezza che intendo è dovuta alla percezione del media che si usa per narrare: in Italia la nona arte è comunque un prodotto di nicchia.
Essere famosi nel mondo del fumetto non è come essere famosi nel mondo della letteratura o del cinema (per l'appunto). Siamo un un ambiente di nicchia per molti versi, lavoriamo e amiamo storie che vengono raccontate con un media di ponte. Un narrare per immagini e parole e segni che rimane stampato su carta. Racconti dove gli attori si muovono nella testa delle persone, dove le descrizioni degli ambienti sono regalate agli occhi delle persone invece che perse in mille descrizioni.
La leggerezza che intendo è questa. La narrazione per immagini che ti fa divorare duecento pagine in modo diverso.
Nonostante tutto questo, il mondo in cui ci muoviamo è un mondo che ti sputa in faccia la sua durezza.
Ci sono tanti pesci e alcuni giocano agli squali in un acquario troppo piccolo per loro...
Stanotte parlavo con un amico, una persona con cui condivido il lavoro, che mi ha sempre ispirato fiducia, ma che fino a che non aveva fatto una breccia nelle mie difese e non avevo capito che è un amico. L'ho capito nel gioco degli acquari, perché per quanto possiamo fingere di nuotare nell'oceano siamo solo in un piccolo acquario. La sua breccia è raccontarmi che pesce sono: io sono un Cacatuoides. Sono un pesce piccolo, grande al massimo 4 cm, coloratissimo, proteggo il mio territorio e la mia famiglia a qualsiasi costo, sono incazzusa, capace di affrontare anche i pesci più grandi che mi vogliono mangiare.
Anche se... sono un pesce delicato, i valori dell'acqua sono importanti per me. Se sono sbagliati divento bianca, perdo i miei colori cangianti e, lentamente, mi spengo.
Ecco. Roma di certo non è il mio acquario.
(Se volete leggere l'articolo su Wonderland e l'intervista ad Ausonia contenute nel numero 11 di comic-soon uscito a Lucca potete scaricare gratuitamente il pdf a questo LINK)
2 commenti:
sono passata da genova un paio di giorni fa, e ti ho pensata fortemente. domani sarò a roma per qualche giorno, vediamoci.
mi sembra il minimo tesoro. hai salutato la mia città? :*
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