venerdì 31 dicembre 2010

Funziona così

Mi addormento, sospesa sul porto, dalle finestre di questa casa si vedono le gru, i traghetti, il matitone a ponente, il centro storico in lontananza a levante.
Mi addormento appesa a un filo, sospesa sulla linea dell'orizzonte.
Una casa diversa che profuma comunque di casa.
Tre gatti che gironzolano, saltano sul letto, annusano le borse, si fanno le unghie ovunque. Alter ego delle tre persone che dormono qui, di Anna, di Leonardo e sì, anche di me. Esiste una Pazuzina a forma di miao.
Un altro spazio prezioso dove riposare la mente, dove cercare di sentirmi davvero dove mi trovo.
Mi addormento lavandomi via il residuo emotivo delle giornate, la polvere di Roma, la stanchezza dei viaggi.
Mi addormento instabile come qualsiasi anima in pena, indecisa se partire di nuovo domani o se rimanere ancora qui, aggrappata a tutto questo.


Sì perché il fulcro di questi giorni è la mia incapacità di rimanere più di 24 ore nello stesso posto, nella stessa città.
E quindi sono stata Roma - Padova - Venezia - Padova - Genova - Milano - Genova di nuovo in meno di una settimana.


Domani mattina potrei svegliarmi e saltare di nuovo su un treno a caso.
O su una nave a caso.
Oppure potrei rimanere qui, senza programmi e senza meta, tenendo stretta tra le mie mani la mia anima in pena, il mio non riuscire mai a capire dove sono.  Potrei aspettare di iniziare l'anno sospesa sul mare, passeggiando sulle Mura degli Angeli, scendendo per una  crêuza a rotta di collo.


Non lo so.
Non ve lo so dire.


Ora dormo, aspettando il risveglio per bere un caffè davanti a una finestra da cui vedo il mare, con accanto due persone di cui mi accorgo dell'assenza quando non ci sono tanto quanto sento viva la loro presenza quando ne condivido gli spazi, con il calore di queste mura che mi accolgono. 


Non è né bene né male.
Funziona solo così.
In nessun altro modo.






Ah sì, cosa che poi non c'entra nulla, stufa della solitudine dei post senza commenti e dei "mi piace" costanti su facebook oltre ai tastini inutili che avevo messo per venirvi incontro nella vostra pigrizia da commento ho messo anche il tasto "mi piace" per facebook. Siatene felici.

lunedì 27 dicembre 2010

Marco Polo avrebbe chiesto la mia esecuzione

Marco Polo non avrebbe apprezzato il mio tradimento. O meglio il tradimento che il mio cuore ha fatto quasi dieci anni fa.
Non l'avrebbe apprezzato per via della sua prigionia, della rivalità tra le due Repubbliche Marinare. Ne sono sicura.

Una veneziana di antica stirpe innamorata della sua più grande rivale, Genova, è una cosa che non sarebbe potuta accadere in altri tempi.
Sono nata dove il sole sorge. Sono nata in una terra grigia e verde, dove il mare ha il colore delle alghe, dove l'entroterra è tutto quello che è rimasto agli antichi veneziani.
Sì, perché sono ormai svariate generazioni che gli abitanti originari di Venezia sono tornati nell'entroterra, la famiglia di mio padre l'ha fatto da tre generazioni (che nel nostro caso coprono più o meno 150 anni).
Ma se guardo le nostre origini, il nostro albero genealogico, rimane un tempo infinitesimale.
La mia famiglia è di Murano dalla fine del '300. Ci chiamavano “i cherubini”, persone arrivate ancora da più a est e stabilite in quell'isola di vetrai. Niente di strano visto che, narrano le leggende familiari, l'origine del nostro ceppo è boema.



Insomma 150 anni su più di mezzo millennio non sono veramente niente.

Sono nata a 30km da Venezia, ci ho passato buona parte dell'infanzia e gran parte della mia adolescenza in quella città e non l'ho mai amata. Padova almeno l'ho sempre odiata, ho sempre provato qualcosa per lei, disprezzo, rabbia, disgusto. Mi è sempre andata troppo stretta, mi è sempre sembrata un bacino mediocre dove crescere, pieno di strade pulite e di merda nascosta sotto i tappeti. Si dice “Padovani gran dottori” ma ultimamente credo che i veneti in generale sguazzino nella stessa ignoranza dei maiali che allevano. Anche se le città le tengono molto più pulite dei porcili: le ripuliscono dall'immondizia varia, che siano esseri umani scomodi, scarti della società o semplici rifiuti della gente per bene.

Venezia non mi ha mai colpito al cuore, nonostante sia la mia prima radice, nonostante sia colpa dei miei antenati che in me e in mio padre (non credo di poter dire lo stesso dei miei fratelli o di mia sorella) sia ancora così forte questo “gene marino” che ci tiene legati all'acqua ben più che alla terra. Ho sempre reputato superficiali le persone che hanno bisogno di Venezia per innamorarsi. Mi sono sempre chiesta: “Ma che avrà di speciale? È solo la solita vetrina per i turisti che periodicamente sprofonda sotto i metri dell'acqua alta”.


Venezia rappresenta la mia adolescenza ben più di Padova, il primo posto dove sono andata a vivere quando a 17 anni sono scappata di casa (ve lo tolgo subito il dubbio: non ci sono mai tornata a casa), l'occupazione del liceo artistico che frequentavo più di quello dove facevo lezione a Padova, la prima sigaretta, la prima canna con gli amici nei giardini dell'isola di Sant'Elena.
E soprattutto Venezia era il mio foglio di via: la città dove ho sbattuto così tanto forte il muso contro la violenza della vita che ancora adesso, a distanza di quasi otto anni, ogni tanto mi accorgo che il naso continua a sanguinare.



Ecco a un certo punto l'ho provato un sentimento per la città dei miei antenati: paura.
Avevo paura a camminare per le calli, a sentirla nominare. Così me ne sono andata, dall'altra parte del nord Italia (non poi così distante lo so) a cercare quel sole che tramonta, a fortificare il mio tradimento, a metterlo in atto, a lasciarmi rapire da una città che per me non è grigia e verde, ma risplende del fuoco del sole al tramonto: per me Genova è rossa, arancione, gialla e nera, mi infiamma il cuore e soprattutto è casa mia.

Questo Natale però qualcosa è cambiato. L'ho passato a Venezia ed erano quasi otto anni che non ci mettevo piede. Per la prima volta sono stata una turista, come sono una turista quando sono a Padova: queste sono strade che non riesco a riconoscere, a ricordare. Come se le vedessi per la prima volta. Ma questo Natale è successo qualcosa, ho ritrovato qualcosa che avevo sepolto da qualche parte. E mi sono invaghita di Venezia, l'ho vista con altri occhi e sotto il verde osceno dell'acqua dei canali, mentre passeggiavo con mio padre, ho scorto le nostre radici, quelle del cognome che portiamo: Serena.
Non tornerò sui miei passi. Non lascerò l'amore con cui son fuggita per tornare indietro in un posto che non considero casa mia, ma non preoccuparti cara Venezia, risanerò quelle ferite che mi porto dietro da anni e poi ci vedremo presto. Me lo sento. Tonerò in qualche modo anche se "agli eterni vagabondi non è concesso il ritorno" (Michel Sauniér). 

sabato 18 dicembre 2010

Wonder End

Sabato 4 dicembre c’è stata la prima grande festa per Wonderland – Quando Alice Se Ne Andò, il secondo volume della mia collana Nuvole in Tempesta edito da NPE.
Mi sono presentata nella veste di un piccolo e goffo due di picche (dopotutto anche se sono sposata mi sembra un personaggio calzante) mi sono divertita davvero e ho riso con tantissime persone che sono passate a salutarci da quelle parti.
Se volete vedere le foto dell'evento basta seguire questo link.
Grazie ad Anna Rattazzi per la foto

venerdì 10 dicembre 2010

Bello come...

Ogni anno mi riprometto di non fare il disegno per Scarceranda il sabato notte alle tre quando ormai la mia permanenza al Crack è sfociata in un numero di birre incalcolabile.
Me lo riprometto ogni anno quando apro l'amata agendina e vedo quell'obrobrio disegnato da me con tanto di firma.
Me lo riprometto ogni volta che vedo un mio disegno pubblicato e mi vergogno come una ladra. Non solo per la qualità del disegno in sé, ma anche - e soprattutto - perché per un progetto che mi sta a cuore vorrei dare qualcosina in più.

Quest'anno è andata come tutti gli altri anni.
Alle tre di notte del sabato, quando ormai la mia lucidità mentale è quella di un orso polare in letargo da mesi, mi accorgo che quel disegno non l'ho ancora fatto.
Prendo penna e pantoni e lo butto giù al volo facendo il mio solito pasticcio.

Ma quest'anno sono stata fortunata.
Il disegno mi è tornato indietro in tempo per metterlo a posto.


Bello come una prigione che brucia è il titolo di un libro di Julies Van Daal  che parla della rivolta dei gin riots i primi di giugno del 1780. La storia di una rivolta senza capi che culminò con l'incendio del carcere di New Gate.
Mi è venuto in mente mentre disegnavo nelle celle del Forte Prenestino, mi è venuto in mente, ho sorriso al pensiero e tutto è scivolato sulla carta. 

Scarceranda è un'agenda autoprodotta da Radio Onda Rossa dal 1999. Il suo motto fin dalla nascita è “contro ogni carcere giorno dopo giorno, perché di carcere non si muoia più, ma neanche di carcere si viva”.

Questo è un progetto che amo sostenere. Più informazioni su dove trovarla, su come contribuire le trovare QUI.

martedì 7 dicembre 2010

L'acqua

Ho lavorato anch'io all'ultimo videoclip delle Radici nel Cemento, storica band reggae romana.
La mia collaborazione è stata soprattutto in fase di scrittura del soggetto e sceneggiatura.
Questo è un lavoro che porto nel cuore, per il tema trattato che è quello dell'acqua pubblica.
Sembrerà troppo semplice per essere un tema da "impatto"?
Non credo proprio, semmai è un argomento su cui fermarsi a riflettere un po' di più non ci farebbe per niente male.
Per saperne qualcosa di più seguite questo LINK.

"La forza di un'onda non sta nella sua capacità di crescere ma nel modo in cui impatta".

giovedì 2 dicembre 2010

I piccoli stupidi segni

Tempo fa avevo scritto un post ispirato a un libro di Stefano Benni.

Quel post parlava dei piccoli dolori da niente...

Stanotte invece mi sfuggono dalle dita i piccoli segni, quelli che non dovrei ignorare perché, lo so bene, sono piccole avvisaglie di qualcosa che non va.

Mi accorgo che c'è qualcosa di strano, che non è al posto giusto quando provo piacere a lavare i piatti,
quando mi viene l'ossessione dell'ordine attorno a me,
quando ho il bisogno fisico di farmi una doccia al giorno,
non ho nulla da dire,
non ho nulla da ascoltare,
leggo tre volte la stessa riga e non capisco cosa sto leggendo,
leggo tre volte lo stesso articolo e non sono sicura di averlo letto,
alla domanda "cosa c'è che non va" non ho assolutamente una risposta,
mi viene voglia di mangiare dei dolci ma poi quando li ho davanti non mi fanno più voglia,

mi giro una sigaretta, l'accendo, la dimentico nel posacenere, poi ne giro un'altra, l'accendo fino a che mi accorgo di aver appoggiato cinque o sei sigarette sul posacenere e non le ho ancora fumate

quando continuo a guardare quella maglia nera sulla sedia e lo so che non è la mia gatta,
mi addormento e cerco con i piedi i gatti che salgano sul letto,
al supermercato continuo a passare per il reparto animali chiedendomi cosa devo comprare per Phobos e Deimos,
quando mi accorgo che è passato un anno ma non sono sicura di quello che è successo in questo anno,
quando non voglio rendermi conto che è passato più di un anno da quando ho dato via i mici...

e quel miglior mugugno costante degno dei vecchi genovesi,
quando parlo con qualcuno ma la mia mente è seduta sugli scogli a guardare il freddo mare d'inverno,
quando invece che disegnare faccio i ghirigori con le unghie sul tavolo

quando scrivo un post cretino come questo,
non ricontrollo i refusi,
non controllo i doppi spazi,
non ho voglia di vedere un film che non ho visto ma voglio rivedere qualcosa che ho già visto,
quando se lo so pure a memoria è anche meglio,

quando cerco una cosa e mentre la sto cercando mi dimentico che cos'era,
quando scendo a patti con il fatto che sono una rincoglionita
quando continuo a chiamare sempre la persona sbagliata e quando risponde rimango basita per 3 secondi cercando di capire chi ho chiamato...

quando non mi ricordo come continua questa inutile lista...

Phobos e Deimos

[continua...]