venerdì 31 dicembre 2010

Funziona così

Mi addormento, sospesa sul porto, dalle finestre di questa casa si vedono le gru, i traghetti, il matitone a ponente, il centro storico in lontananza a levante.
Mi addormento appesa a un filo, sospesa sulla linea dell'orizzonte.
Una casa diversa che profuma comunque di casa.
Tre gatti che gironzolano, saltano sul letto, annusano le borse, si fanno le unghie ovunque. Alter ego delle tre persone che dormono qui, di Anna, di Leonardo e sì, anche di me. Esiste una Pazuzina a forma di miao.
Un altro spazio prezioso dove riposare la mente, dove cercare di sentirmi davvero dove mi trovo.
Mi addormento lavandomi via il residuo emotivo delle giornate, la polvere di Roma, la stanchezza dei viaggi.
Mi addormento instabile come qualsiasi anima in pena, indecisa se partire di nuovo domani o se rimanere ancora qui, aggrappata a tutto questo.


Sì perché il fulcro di questi giorni è la mia incapacità di rimanere più di 24 ore nello stesso posto, nella stessa città.
E quindi sono stata Roma - Padova - Venezia - Padova - Genova - Milano - Genova di nuovo in meno di una settimana.


Domani mattina potrei svegliarmi e saltare di nuovo su un treno a caso.
O su una nave a caso.
Oppure potrei rimanere qui, senza programmi e senza meta, tenendo stretta tra le mie mani la mia anima in pena, il mio non riuscire mai a capire dove sono.  Potrei aspettare di iniziare l'anno sospesa sul mare, passeggiando sulle Mura degli Angeli, scendendo per una  crêuza a rotta di collo.


Non lo so.
Non ve lo so dire.


Ora dormo, aspettando il risveglio per bere un caffè davanti a una finestra da cui vedo il mare, con accanto due persone di cui mi accorgo dell'assenza quando non ci sono tanto quanto sento viva la loro presenza quando ne condivido gli spazi, con il calore di queste mura che mi accolgono. 


Non è né bene né male.
Funziona solo così.
In nessun altro modo.






Ah sì, cosa che poi non c'entra nulla, stufa della solitudine dei post senza commenti e dei "mi piace" costanti su facebook oltre ai tastini inutili che avevo messo per venirvi incontro nella vostra pigrizia da commento ho messo anche il tasto "mi piace" per facebook. Siatene felici.

lunedì 27 dicembre 2010

Marco Polo avrebbe chiesto la mia esecuzione

Marco Polo non avrebbe apprezzato il mio tradimento. O meglio il tradimento che il mio cuore ha fatto quasi dieci anni fa.
Non l'avrebbe apprezzato per via della sua prigionia, della rivalità tra le due Repubbliche Marinare. Ne sono sicura.

Una veneziana di antica stirpe innamorata della sua più grande rivale, Genova, è una cosa che non sarebbe potuta accadere in altri tempi.
Sono nata dove il sole sorge. Sono nata in una terra grigia e verde, dove il mare ha il colore delle alghe, dove l'entroterra è tutto quello che è rimasto agli antichi veneziani.
Sì, perché sono ormai svariate generazioni che gli abitanti originari di Venezia sono tornati nell'entroterra, la famiglia di mio padre l'ha fatto da tre generazioni (che nel nostro caso coprono più o meno 150 anni).
Ma se guardo le nostre origini, il nostro albero genealogico, rimane un tempo infinitesimale.
La mia famiglia è di Murano dalla fine del '300. Ci chiamavano “i cherubini”, persone arrivate ancora da più a est e stabilite in quell'isola di vetrai. Niente di strano visto che, narrano le leggende familiari, l'origine del nostro ceppo è boema.



Insomma 150 anni su più di mezzo millennio non sono veramente niente.

Sono nata a 30km da Venezia, ci ho passato buona parte dell'infanzia e gran parte della mia adolescenza in quella città e non l'ho mai amata. Padova almeno l'ho sempre odiata, ho sempre provato qualcosa per lei, disprezzo, rabbia, disgusto. Mi è sempre andata troppo stretta, mi è sempre sembrata un bacino mediocre dove crescere, pieno di strade pulite e di merda nascosta sotto i tappeti. Si dice “Padovani gran dottori” ma ultimamente credo che i veneti in generale sguazzino nella stessa ignoranza dei maiali che allevano. Anche se le città le tengono molto più pulite dei porcili: le ripuliscono dall'immondizia varia, che siano esseri umani scomodi, scarti della società o semplici rifiuti della gente per bene.

Venezia non mi ha mai colpito al cuore, nonostante sia la mia prima radice, nonostante sia colpa dei miei antenati che in me e in mio padre (non credo di poter dire lo stesso dei miei fratelli o di mia sorella) sia ancora così forte questo “gene marino” che ci tiene legati all'acqua ben più che alla terra. Ho sempre reputato superficiali le persone che hanno bisogno di Venezia per innamorarsi. Mi sono sempre chiesta: “Ma che avrà di speciale? È solo la solita vetrina per i turisti che periodicamente sprofonda sotto i metri dell'acqua alta”.


Venezia rappresenta la mia adolescenza ben più di Padova, il primo posto dove sono andata a vivere quando a 17 anni sono scappata di casa (ve lo tolgo subito il dubbio: non ci sono mai tornata a casa), l'occupazione del liceo artistico che frequentavo più di quello dove facevo lezione a Padova, la prima sigaretta, la prima canna con gli amici nei giardini dell'isola di Sant'Elena.
E soprattutto Venezia era il mio foglio di via: la città dove ho sbattuto così tanto forte il muso contro la violenza della vita che ancora adesso, a distanza di quasi otto anni, ogni tanto mi accorgo che il naso continua a sanguinare.



Ecco a un certo punto l'ho provato un sentimento per la città dei miei antenati: paura.
Avevo paura a camminare per le calli, a sentirla nominare. Così me ne sono andata, dall'altra parte del nord Italia (non poi così distante lo so) a cercare quel sole che tramonta, a fortificare il mio tradimento, a metterlo in atto, a lasciarmi rapire da una città che per me non è grigia e verde, ma risplende del fuoco del sole al tramonto: per me Genova è rossa, arancione, gialla e nera, mi infiamma il cuore e soprattutto è casa mia.

Questo Natale però qualcosa è cambiato. L'ho passato a Venezia ed erano quasi otto anni che non ci mettevo piede. Per la prima volta sono stata una turista, come sono una turista quando sono a Padova: queste sono strade che non riesco a riconoscere, a ricordare. Come se le vedessi per la prima volta. Ma questo Natale è successo qualcosa, ho ritrovato qualcosa che avevo sepolto da qualche parte. E mi sono invaghita di Venezia, l'ho vista con altri occhi e sotto il verde osceno dell'acqua dei canali, mentre passeggiavo con mio padre, ho scorto le nostre radici, quelle del cognome che portiamo: Serena.
Non tornerò sui miei passi. Non lascerò l'amore con cui son fuggita per tornare indietro in un posto che non considero casa mia, ma non preoccuparti cara Venezia, risanerò quelle ferite che mi porto dietro da anni e poi ci vedremo presto. Me lo sento. Tonerò in qualche modo anche se "agli eterni vagabondi non è concesso il ritorno" (Michel Sauniér). 

sabato 18 dicembre 2010

Wonder End

Sabato 4 dicembre c’è stata la prima grande festa per Wonderland – Quando Alice Se Ne Andò, il secondo volume della mia collana Nuvole in Tempesta edito da NPE.
Mi sono presentata nella veste di un piccolo e goffo due di picche (dopotutto anche se sono sposata mi sembra un personaggio calzante) mi sono divertita davvero e ho riso con tantissime persone che sono passate a salutarci da quelle parti.
Se volete vedere le foto dell'evento basta seguire questo link.
Grazie ad Anna Rattazzi per la foto

venerdì 10 dicembre 2010

Bello come...

Ogni anno mi riprometto di non fare il disegno per Scarceranda il sabato notte alle tre quando ormai la mia permanenza al Crack è sfociata in un numero di birre incalcolabile.
Me lo riprometto ogni anno quando apro l'amata agendina e vedo quell'obrobrio disegnato da me con tanto di firma.
Me lo riprometto ogni volta che vedo un mio disegno pubblicato e mi vergogno come una ladra. Non solo per la qualità del disegno in sé, ma anche - e soprattutto - perché per un progetto che mi sta a cuore vorrei dare qualcosina in più.

Quest'anno è andata come tutti gli altri anni.
Alle tre di notte del sabato, quando ormai la mia lucidità mentale è quella di un orso polare in letargo da mesi, mi accorgo che quel disegno non l'ho ancora fatto.
Prendo penna e pantoni e lo butto giù al volo facendo il mio solito pasticcio.

Ma quest'anno sono stata fortunata.
Il disegno mi è tornato indietro in tempo per metterlo a posto.


Bello come una prigione che brucia è il titolo di un libro di Julies Van Daal  che parla della rivolta dei gin riots i primi di giugno del 1780. La storia di una rivolta senza capi che culminò con l'incendio del carcere di New Gate.
Mi è venuto in mente mentre disegnavo nelle celle del Forte Prenestino, mi è venuto in mente, ho sorriso al pensiero e tutto è scivolato sulla carta. 

Scarceranda è un'agenda autoprodotta da Radio Onda Rossa dal 1999. Il suo motto fin dalla nascita è “contro ogni carcere giorno dopo giorno, perché di carcere non si muoia più, ma neanche di carcere si viva”.

Questo è un progetto che amo sostenere. Più informazioni su dove trovarla, su come contribuire le trovare QUI.

martedì 7 dicembre 2010

L'acqua

Ho lavorato anch'io all'ultimo videoclip delle Radici nel Cemento, storica band reggae romana.
La mia collaborazione è stata soprattutto in fase di scrittura del soggetto e sceneggiatura.
Questo è un lavoro che porto nel cuore, per il tema trattato che è quello dell'acqua pubblica.
Sembrerà troppo semplice per essere un tema da "impatto"?
Non credo proprio, semmai è un argomento su cui fermarsi a riflettere un po' di più non ci farebbe per niente male.
Per saperne qualcosa di più seguite questo LINK.

"La forza di un'onda non sta nella sua capacità di crescere ma nel modo in cui impatta".

giovedì 2 dicembre 2010

I piccoli stupidi segni

Tempo fa avevo scritto un post ispirato a un libro di Stefano Benni.

Quel post parlava dei piccoli dolori da niente...

Stanotte invece mi sfuggono dalle dita i piccoli segni, quelli che non dovrei ignorare perché, lo so bene, sono piccole avvisaglie di qualcosa che non va.

Mi accorgo che c'è qualcosa di strano, che non è al posto giusto quando provo piacere a lavare i piatti,
quando mi viene l'ossessione dell'ordine attorno a me,
quando ho il bisogno fisico di farmi una doccia al giorno,
non ho nulla da dire,
non ho nulla da ascoltare,
leggo tre volte la stessa riga e non capisco cosa sto leggendo,
leggo tre volte lo stesso articolo e non sono sicura di averlo letto,
alla domanda "cosa c'è che non va" non ho assolutamente una risposta,
mi viene voglia di mangiare dei dolci ma poi quando li ho davanti non mi fanno più voglia,

mi giro una sigaretta, l'accendo, la dimentico nel posacenere, poi ne giro un'altra, l'accendo fino a che mi accorgo di aver appoggiato cinque o sei sigarette sul posacenere e non le ho ancora fumate

quando continuo a guardare quella maglia nera sulla sedia e lo so che non è la mia gatta,
mi addormento e cerco con i piedi i gatti che salgano sul letto,
al supermercato continuo a passare per il reparto animali chiedendomi cosa devo comprare per Phobos e Deimos,
quando mi accorgo che è passato un anno ma non sono sicura di quello che è successo in questo anno,
quando non voglio rendermi conto che è passato più di un anno da quando ho dato via i mici...

e quel miglior mugugno costante degno dei vecchi genovesi,
quando parlo con qualcuno ma la mia mente è seduta sugli scogli a guardare il freddo mare d'inverno,
quando invece che disegnare faccio i ghirigori con le unghie sul tavolo

quando scrivo un post cretino come questo,
non ricontrollo i refusi,
non controllo i doppi spazi,
non ho voglia di vedere un film che non ho visto ma voglio rivedere qualcosa che ho già visto,
quando se lo so pure a memoria è anche meglio,

quando cerco una cosa e mentre la sto cercando mi dimentico che cos'era,
quando scendo a patti con il fatto che sono una rincoglionita
quando continuo a chiamare sempre la persona sbagliata e quando risponde rimango basita per 3 secondi cercando di capire chi ho chiamato...

quando non mi ricordo come continua questa inutile lista...

Phobos e Deimos

[continua...]

sabato 20 novembre 2010

Odio la mia generazione

Odio la mia generazione di bambini addormentati, di ragazzini insensibili e incapaci di comprendere il mondo al di là dei propri desideri.
Odio la mia generazione incapace di avere dei desideri collettivi.
Odio la mia generazione assuefatta dal precariato e incapace di sognare una vita migliore.
Odio la mia generazione che non ha voglia di prendere una posizione.
Odio la mia generazione, la odio perché non riesce a commettere nessun atto di forza legittimo.
Odio la mia generazione, rincoglionita da televisioni, telefonini e social network.
Odio la mia generazione che il giorno dopo una sentenza che assolve tutti gli imputati della strage di Piazza della Loggia, passa nella stessa piazza e non muove un dito. Non dice una parola.
Odio la mia generazione e mi vergogno per essa, perché chi è tornato dopo 36 anni in quella piazza era solo. Perché ha ragione a dire che il 28 maggio del '74 non è successo niente.
Odio la mia generazione che preferisce emigrare invece che cercare di cambiare le cose.
Odio la mia generazione che ha perso il mito della resistenza e che non riesce a farlo suo, non riesce a trovare nuovi modi di R*esistere, ma solo tanti nuovi modi di indignarsi.
Odio ancora di più la mia generazione, che ha fatto dell'individualismo la sua ragione di vita, che ha perso il senso migliore della comunità, del sociale, la odio questa generazione capace solo di lamentarsi e poco propensa a sporcarsi le mani.

Oggi guardo la maggioranza dei miei coetanei, di quelli che stanno venendo dopo di noi e provo un forte senso di scoramento, di impotenza.
Guardo l'esercito degli indignati degli anni duemila e penso che i sogni siano diventati della stessa consistenza della cenere.
Guardo questo piccolo esercito e non lo amo. Perché non è nemmeno un esercito di cartapesta, è solo un esercito di marionette.

E mentre guardo questo scenario post-apocalittico, gli occhi incrociano quelle mosche bianche che ripudiano questo tipo di schema.
E ancora hanno storie da raccontare...
Ancora hanno sogni da bruciare con la legna dei cassetti dove sono rimasti chiusi troppo tempo, ancora cercano di mutare per r*esistere, ancora, nonostante tutto, vanno avanti.

Li guardo, sono belli come il cielo che si apre sul mare dopo un temporale.

Li guardo e mi viene voglia di andare avanti.

mercoledì 17 novembre 2010

Alice non abita più qui

Il primo evento dedicato a Wonderland - quando Alice se ne andò.

Giovedì 18 novembre 2010, dalle 21.20 fino alle 23.30
Al Brancaleone in via Levanna 11.

In mostra le tavole originali delle dieci storie firmate da vari autori del panorama fumettistico italiano: Lorenzo Bartoli in coppia con Alessio Fortunato, Leomacs e Francesca Silveri, Tuono Pettinato e LRNZ dei SuperAmici, il terzetto composto da Mauro Uzzeo, Federico Rossi Edrighi e Margherita Tramutoli, Armin Barducci, Sergio Ponchione. E poi Elisabetta Melaranci, Cristina Spanò, le illustrazioni di Francesco Cattani e due talentuosi esordienti Nigraz e Davide Garrota. E infine la splendida copertina di Davide De Cubellis.




Mi troverete lì, in compagnia di Margherita Tramutoli, Mauro Uzzeo, LRNZ, Leomacs e un sacco di bei disegnini, di belle storielline e di bella gente. Non mancate.

martedì 16 novembre 2010

Regole: in treno

Prendo un po' spunto dalle regole di Internazionale e dalle miriadi di viaggi in treno che ho fatto, dal viaggio che dovrò fare oggi per tornare a Roma e via dicendo.

1. Sugli Intercity e sugli Eurostar il posto è prenotato. Quindi è inutile che ti lamenti se ti dico di alzarti dal mio posto sul finestrino.

2. Non ti serve guardarmi male per sei ore di viaggio. Non te lo lascio il posto sul finestrino e non mi convinci che era il tuo: io lo so leggere il biglietto e tu?

3. Se siete ancora convinti che le donne non sanno pisciare in piedi non avete idea di quello di cui sono capaci quando usano il bagno di un treno. Spiderman è un dilettante a confronto.

4. Un'ora e dieci di ritardo non ti autorizza a molestare i tuoi compagni di viaggio. Neanche ad ammazzare il controllore, ma garantisce un frustrante rimborso con cui ti ci compri giusto il caffè.

5. Gli scompartimenti del treno non sono un tavolo da pic-nic, datti un contegno.

6. Ma lo sai che sono almeno trent'anni che hanno inventato gli auricolari? Ecco ora vedi di comprartene  un paio, funzionano.

7. Tenere la suoneria molto alta e parlare con il vivavoce disturbando tutte le persone del treno è proprio da maleducati. A nessuno interessano i fatti tuoi, anche se il viaggio è lungo e noioso.

domenica 7 novembre 2010

Notizie che arrivano dal nord.

Mi è arrivata stamattina una telefonata di mia madre, che mi raccontava qual è la situazione in Veneto e nel padovano in questo momento.
Leggendo i quotidiani nazionali si parla di "maltempo" ma è lo stesso eufemismo della mala informazione.

In questo momento nel padovano (e sopratutto nelle zone bagnate dal Bacchiglione) si ha una vera e propria situazione di emergenza: le reti locali parlano di almeno tre dispersi e di sei morti. Ci sono interi paesi sott'acqua, interi quartieri a rischio e ai quali preventivamente si è dovuta staccare la luce.

Questo vale anche per il vicentino dove i fiumi hanno straripato lasciando sott'acqua parecchi paesi e il centro stesso di Vicenza.

Si ha bisogno di tutto, a quanto pare, guanti, vanghe, giacche, coperte.

Mi chiedono di girare un appello, di lasciare visibili i numeri della Protezione Civile di Padova e di Casalserugo (a cui fanno riferimento parecchi paesi in fase critica del padovano). Per chi potesse dare una mano questi sono i numeri da chiamare:

Protezione civile Padova: 049 8201795
Protezione Civile Casalserugo: 049 0990021


Quello che mi è stato detto dalle persone coinvolte (e non da quelle in zone meno a rischio) è che finché non si tocca con mano la situazione non si ha idea di quello che sta succedendo.
Vi chiedo di condividere e di far girare la notizia.
Grazie mille.


Queste foto le ho prese dal sito del Mattino di Padova.



sabato 6 novembre 2010

Acquari

Ho perso un po' la cognizione del tempo dopo il ritorno da Lucca, non credo che a parte il mio matrimonio abbia molto da dire dopo questa fiera.
Se non che è stato il momento di un po' di “pulizia” intorno a me. Se non che a parte il mio matrimonio e le persone che ho già ringraziato non ho molto da dire.
Wonderland è stato un successo. Questo, dopo un anno di lavoro, mi rende molto felice.
Il fatto che l'intervista che ho fatto ad Ausonia sia stata letta e riletta, e che lui per primo ne sia soddisfatto mi rende felice.
La mia sposa, gli amici che ci hanno creduto con noi in questo gesto mi rendono felice.
Sì nell'insieme per me, per il mio piccolo acquario, è stata una bella Lucca.

E poi... succede che dopo una bella cena contro la depressione post-Lucca che assale molti di noi addetti ai lavori, mentre perdo un po' di tempo su internet scopro che alcune sensazioni sono vere. Che alcune persone che percepisci come amici lo sono davvero.

Il solito discorso che inizia lentamente, come stai, come non stai, che stai facendo, com'è andato il rientro... bla bla bla. Prende altre vie, tiriamo le somme, parliamo di tante cose, del nostro ambiente, del nostro lavoro, del nostro essere maledettamente umani.

A dispetto della leggerezza di cui sono fatti i fumetti, questo ambiente sa essere spesso molto pesante.
Non dico che tutte le storie narrate nei fumetti siano “leggere”, ci sono fumetti che mi hanno segnato il cuore, scavando lo stesso solco profondo che sono in grado di scavare alcuni libri, alcuni film.

La leggerezza che intendo è dovuta alla percezione del media che si usa per narrare: in Italia la nona arte è comunque un prodotto di nicchia.
Essere famosi nel mondo del fumetto non è come essere famosi nel mondo della letteratura o del cinema (per l'appunto).  Siamo un un ambiente di nicchia per molti versi, lavoriamo e amiamo storie che vengono raccontate con un media di ponte. Un narrare per immagini e parole e segni che rimane stampato su carta. Racconti dove gli attori si muovono nella testa delle persone, dove le descrizioni degli ambienti sono regalate agli occhi delle persone invece che perse in mille descrizioni.
La leggerezza che intendo è questa. La narrazione per immagini che ti fa divorare duecento pagine in modo diverso.

Nonostante tutto questo, il mondo in cui ci muoviamo è un mondo che ti sputa in faccia la sua durezza.
Ci sono tanti pesci e alcuni giocano agli squali in un acquario troppo piccolo per loro...

Stanotte parlavo con un amico, una persona con cui condivido il lavoro, che mi ha sempre ispirato fiducia, ma che fino a che non aveva fatto una breccia nelle mie difese e non avevo capito che è un amico. L'ho capito nel gioco degli acquari, perché per quanto possiamo fingere di nuotare nell'oceano siamo solo in un piccolo acquario. La sua breccia è raccontarmi che pesce sono: io sono un Cacatuoides. Sono un pesce piccolo, grande al massimo 4 cm, coloratissimo, proteggo il mio territorio e la mia famiglia a qualsiasi costo, sono incazzusa, capace di affrontare anche i pesci più grandi che mi vogliono mangiare.
Anche se... sono un pesce delicato, i valori dell'acqua sono importanti per me. Se sono sbagliati divento bianca, perdo i miei colori cangianti e, lentamente, mi spengo.

Ecco. Roma di certo non è il mio acquario.


(Se volete leggere l'articolo su Wonderland e l'intervista ad Ausonia contenute nel numero 11 di comic-soon uscito a Lucca potete scaricare gratuitamente il pdf a questo LINK)

mercoledì 3 novembre 2010

Ho fatto una cosa poco originale

Ho fatto una cosa poco originale, mi sono sposata.
Ok aspettate.
Ricomincio.
Sì mi sono sposata.
Ho indossato un abito nuovo, qualcosa di usato, qualcosa di prestato, qualcosa di regalato, niente di blu ma qualcosa di rosso. Ho scambiato promesse d'amore davanti a una folla festante, con un rito improvvisato breve e divertente. Ho donato un anello alla mia sposa. L'ho baciata e l'ho guardata con amore tutto il tempo.

No ok. Ho capito. Devo iniziare di nuovo anche se non credo che sarò in grado di ricominciare dall'inizio vero. Inizierò da un inizio a caso.
Va bene lo stesso?

Ricomincio per poter parlare di Lorenzo Corti ovvero il Priccio, una specie di anima gemella, che mi ha portato all'altare con il plusvalore che, nonostante la sua assenza, Grant Morrison c'era ed assisteva alla scena accondiscendente.
Ricomincio per la mia bellissima sposa, Margherita, accompagnata "all'altare" dall'amico che per molti versi ha fatto la differenza in questa Lucca.
Per i Paguri (autori di Don Zauker) e Silvana, amica sorella che hanno officiato il rito.
Per Giuseppe Palumbo (quello a destra), grande Maestro che cercava di interrompere il mio matrimonio e di comprarsi la mia amata per quattro cammelli.
Per i Paguri che ci chiedono di amarci onorarci fuori dai precetti della chiesa e di fare le cose zozze nei secoli dei secoli
Per la nostra reazione a tutto questo che meritava di esser immortalata...
Ricomincio con le nostre fedi, fatte a mano dal mio amico Alessandro Molinaro
Ricomincio perché io a metterti l'anello al dito, mia sposa, mi sono emozionata davvero. Non sapevo cosa dirti, e dopo aver obbligato il Priccio a girare il padiglione Napoleone di Lucca Comics & Games per farmi scendere l'emozione, dopo che ti ho vista così bella, per parecchi minuti non sapevo che dirti a parte che ti cercavo, ti ho trovata e sei quella che volevo. Perché solo con te avrei potuto fare una cosa del genere.
Bisognerebbe che, oltre a farvi vedere le foto che ha fatto il mio testimone Andrea Piccardo, vi raccontassi qualcosa, come la dichiarazione d'amore di Margherita, come il lancio del bouquet, che sì dovevate esserci tutti lì dietro, perché il nostro bouquet valeva come una stella cadente (tranne nel caso in cui si esprimesse un desiderio che avesse a che fare con l'infilarsi nel letto delle spose - in questo caso sciagura a voi). .. ancora qualche foto che riassume tutto questo e poi vi dico delle cose...
E poi... l'amore, il rossetto sbavato per l'amore e per il rossetto sbavato (ah l'ho già scritto)...
...
Dopo aver messo al posto giusto tutti i link, vi posto anche una parte di video che ha ripreso un attimo del nostro matrimonio (un attimo abbastanza divertente se devo dirla tutta)


...

Intanto... intanto ringrazio per la prima volta nella mia vita il Presidente del Consiglio perché con le sue ultime dichiarazioni mi da un buon motivo per spiegarvi come mai ci siamo sposate, con questo rito assurdo, coinvolgendo le persone che abbiamo coinvolto.

Personalmente mi piace prendermi con leggerezza. Prendersi troppo sul serio secondo me non va mai bene, è sbagliato, ti fa perdere lucidità.

Ho sposato Margherita per una bella forma d'amore, quella per le persone libere.
Preferisco essere libera, bisessuale e qualsiasi altra cosa che essere come SB.
Preferisco prendere per il culo una città fascista e cattolica.
Preferisco dirvi che una società basata su un concetto di famiglia ormai superato - per fortuna - una società omofoba e ingabbiata in preconcetti che non valgono nulla, non mi appartiene. Come spero che non appartenga nemmeno alle persone che sono venute a ridere sorridere e bere qualcosa con noi in questa occasione.
Preferisco dirvi che mi va di essere eventualmente ricordata ANCHE perché ho deciso di sposarmi a Lucca, con una donna pazzesca, con un rito celebrato dagli autori di un fumetto giustamente blasfemo e dall'editrice che lo scorso anno ha sfidato le gerarchie lucchesi presentando comunque il volume di Alessio Spataro "La Ministronza".

Solo per questi pochi sciocchi motivi ho festeggiato, amato e sorriso.

Perché non voglio essere complice di un cancro come quello che assilla l'Italia da sempre.
Perché che Margherita e io facciamo sul serio o meno non è importante.
L'amore ha mille forme e ridendo e scherzando si dice il vero.

E allora... grazie a tutta la Double Shot per averlo permesso, grazie al Priccio che mi ha sostenuto e accompagnato all'altare, grazie ai Paguri, grazie a Tuono Pettinato e Micione  (i testimoni di mia moglie) grazie a Valeria de Rubeis e le sue socie per avermi fatto un vestito clamoroso, grazie a Silvana perché la sua improvvisazione è stata fantastica, ad Alessandro Molinaro che mi ha creato due fedi meravigliose, grazie ad Andrea Piccardo mio testimone e consigliere (se non mi dicevi tu come dovevo fare a metter la fede al dito di Margherita ero persa), grazie a Pumbo per aver provato a comprarsi mia moglie, a Daniele Mancino per avermela portata all'altare, grazie a chi è venuto a riso brindato e apprezzato. Ma, soprattutto, grazie a te Margherita, per esserti concessa e per aver condiviso questo gioco bello. Perché ti ho cercata e ritrovata nelle pagine di un fumetto, perché quando mesi fa abbiamo deciso di sposarci, lo abbiamo fatto pensando di voler sorridere mentre urliamo al mondo che preferiamo essere libere, prenderci in giro e fare sul serio allo stesso momento piuttosto che insultare l'intelligenza con discorsi patetici.

Caro Silvio, preferisco mille volte sposare mia moglie senza che lo Stato riconosca il mio gesto piuttosto che avere uscite squallide, omofobe e offensive come le tue.

Il resto ve lo racconta la mia meravigliosa sposa nel suo blog.

Questo è quanto.
Per il momento.

giovedì 28 ottobre 2010

Ho chiuso la valigia di cartone


Sono in partenza per Lucca, come più o meno l'universo mondo in questi giorni.
Ho un bagaglio pieno di storie, la voglia di andarci e di prendere in mano il frutto di questo lavoro durato tanti mesi.
Ho voglia di vedere gli autori di Wonderland tutti insieme.
La valigia è chiusa.
Le cose da fare prima di partire sono ancora tantissime.

Le cose che vorrei dirvi troppe per il tempo a mia disposizione.
Vi lascio al volo con due belle notizie.
La prima è l'anteprima di questo volume sul sito si XL di Repubblica. Andate, guardate, leggete e perdetevi. Questa è la via da seguire.

La seconda è l'invito alla presentazione del volume, sabato 30 alle 10.00 nella sala incontri di Palazzo Ducale a Lucca (qui l'evento Facebook).

Mi troverete anche a dispensar sorrisi allo stand NPE al padiglione editori di Piazza Napoleone.

Non sono pronta, ma o la va o la spacca.
Tutto il resto ve lo racconterò al mio ritorno, o su twitter (sia il mio che quello di Wonderland quindi se vi capita fateci un giro).

Parto per il Paese delle Meraviglie.
Spero di incontrarvi lì.

giovedì 14 ottobre 2010

Autoritratto

Non ho mai fatto un autoritratto.
Ho sempre usato altri personaggi per raccontare i miei stati d'animo.
Ho speso mille parole per descrivere le sensazioni.
Ho fotografato o rubato immagini.
Ho citato canzoni, immaginato altri modi per raccontare.
Ho rubato le battute migliori nascosta dietro le quinte di un palcoscenico.

Oggi ci ho provato per la prima volta.
Cimentandomi anche in uno stile di disegno (se lo vogliamo chiamare così) che non avevo mai provato.
Macchie di colore che prendono forma. 
Questo è il risultato:





martedì 12 ottobre 2010

Il te' del cappellaio

Devo dire che Wonderland ha avuto un risvolto non irrilevante nelle mie giornate, quasi che davvero volesse trascinarmi in un altro posto, farmi vivere eternamente nel Paese delle Meraviglie.
E mi piace. Mi piace perdermi dietro a un Coniglio Bianco. Mi piace nascondere la mia realtà dietro un progetto come questo.
Mi piace anche prendere tutti i pomeriggi il te' con il Cappellaio Matto con lo Stregatto che si appropria della mia tazza e mi fa i dispetti.

Così, giusto perché è un post che dice davvero qualcosa più di niente...
Ma se vi va, se state attenti, potete anche vincere una copia del libro rispondendo alle domande che vi vengono poste nella tana del Bianconiglio al di là dello specchio (così per poter di nuovo mischiare più mondi).

Un po' prima dell'ora del te' un po' dopo dell'ora di pranzo.

Dove? QUI ovviamente!


Espressione eloquente.

martedì 5 ottobre 2010

Il tempo di cottura

Dopo aver rimestato ben bene nel pentolone, dopo aver lasciato riposare il giusto tempo il composto ecco a voi un po' di preview su cosa vi presenteremo a Lucca Comics&Games 2010.
Siete pronti?
E allora: follow the white rabbit, reach wonderland, and then sail again...
Tutto quello che volete sapere lo troverete QUI.

domenica 3 ottobre 2010

Tirare il freno a mano

Ci sono dei periodi dell'anno in cui ciclicamente, per un motivo o per l'altro, sembra che io mi impegni per raggiungere un unico scopo: schiantarmi a duecento all'ora in una vetrina.
Sembra che ogni mia azione vada in questa senso.

Giusto per sfatare quel che dice il mio amico Roberto, ovvero che sono un incidente al rallentatore (vado troppo veloce), per avvalorare quello che dice il mio amico Mauro, cioè che ho un aurea di guai che mi gira attorno tipo Sirio il Dragone.

In questi giorni ho fumato troppe sigarette, mangiato troppo poco e non ho mai dormito veramente.

Stanotte galleggio tra una cosa da concludere entro ieri, un'altra da concludere la settimana scorsa e l'ansia di quelle da concludere entro lunedì.
Come in una grossa bolla di sapone, una guaina troppo fragile per proteggermi il cervello.
Accendo l'ennesima sigaretta e fisso il vuoto in un punto imprecisato davanti a me.
Scaldo l'acqua per una tisana, spengo la sigaretta, sforzo gli occhi perché mettano ancora a fuoco il monitor del computer e basta.
Non è vero che penso qualcosa.
Non penso veramente a niente.
Se non che ho fumato troppe sigarette.
Che questa volta, io che bevo tutto amaro, metterò due cucchiaini di zucchero nella tisana perché ho bisogno di tirarmi un po' su.
Che devo finire quello che ho iniziato.

E che vorrei non dover tirare il freno a mano, ma rallentare normalmente.
Perché se lo tiro magari nella vetrina di arrivo ai centodieci all'ora e non ai duecento, ma la verità è che vorrei fermarmi prima dello scalino del marciapede e per una volta non schiantarmi proprio.

lunedì 27 settembre 2010

Cosa bolle in pentola?

Occhio di drago, lingua di serpente, ali di pipistrello, cartelle cliniche, funghi allucinogeni, scarpotti alla pernice e una splendida copertina di Davide De Cubellis.
Qualcos'altro che può dirvi qualcosa lo trovate QUI, sul blog della NPE.
La copertina anche io la voglio nel blog e ve la faccio vedere.

Per il resto vi dico solo: ripassate di qui, o di tra una settimana, che di porte verso altri mondi ve ne spalancheremo parecchie.

domenica 26 settembre 2010

In silenzio

Silenziosamente mi affaccio alla finestra: l'occhio non corre, non si rilassa. Si impalla contro un muro. 
Guardo questo cortile, è bello. Questi palazzi alti mi ricordano i palazzi della periferia di Genova.


Non devo ossessionarmi, capita a tutti di dover stare in posti che non ci appartengono.
Capita a tutti di vivere lontani dalla terra dell'anima.
Il gioco vale la candela, soprattutto nel mio caso visto che faccio il lavoro che volevo fare, e "lavoro" per iniziare ad assomigliare alla persona che vorrei essere...
Nonostante tutto, nonostante le persone che mi riportano sulla terra quando, tranne che fisicamente, mi sento altrove, non riesco ad amarti Roma.
Non è sempre vero che l'amore viene con il tempo.
Con il tempo viene la sopportazione, neanche sempre.
Ci penso un attimo e mi accorgo che vorrei riuscire a raccontarvi qualcosa di più emozionante che il panico dell'emigrante.

martedì 21 settembre 2010

Crepuscoli

Mi dicono che sono cupa.
Che ho sempre il muso, anche quando rido.
Che mi vesto sempre di nero ma non sono dark.
Che mi trucco gli occhi in modo troppo pesante, come i dark ma non sono dark.
Mi dicono che spesso perdo lo sguardo verso un orizzonte che altri non vedono in fondo alle vie.
Che negli occhi ho sempre una scintilla lucida.
Che mi perdo nei pensieri e standomi vicino si ha sempre la sensazione che - in realtà - mi manchi qualcosa.

Mi dicono che devo imparare la leggerezza, la spensieratezza.
Mi dicono anche un sacco di cazzate.

Sarà che forse, a modo mio, la mia leggerezza è legata a qualcosa di un po' crepuscolare.
Sarà forse per questo che amo una città dove il sole muore invece che nascere?

Genova - Porto Antico - 02/09/2010

Cammino sulla via di casa a Roma.
Chiudo gli occhi un attimo davanti al cancello e respiro a lungo.
In fondo alla via c'è il mio orizzonte infuocato, il mare che si incendia e quel pezzo di cuore che al crepuscolo mi tiene compagnia...

ancora il porto 09/09/2010

domenica 19 settembre 2010

"Metterci la faccia" un po' inconsapevolmente.

Volevo bullarmi da tempo.
O forse non lo volevo fare.
O forse volevo farlo dopo aver letto questo libro che ancora non ho avuto tra le mani.
O forse non mi è mai fregato di farlo.
Non so come dirlo.

Mio malgrado sono diventata una ragazza copertina.


Era Maggio, uscita da poco dall'ospedale, stavo a Cinecittà sul set del cortometraggio della Scuola Romana dei Fumetti (fatto in collaborazione con la NUCT). Scuola che ho frequentato e con cui collaboro sempre molto volentieri.
Ero sul set, presa da un forte dolore alle vertebre e soprattutto dalla tensione di lavorare su con la consapevolezza di poter dare il 20% della mia energia.

Scarico la mail sull'iPhone e rimango pietrificata fuori dal teatro 16 come una cretina per tre quarti d'ora.

C'è una mail di Fabio, il mio ex capo del periodo in cui sono stata una Sickgirl.
Sì, perché il segreto di Pulcinella è che per due anni ho fatto parte di questo progetto italiano che sono le Sickgirl (cosa su cui - forse - aprirò una parentesi più avanti).
Insomma, questa mail parlava di varie cose, tra cui il fatto che Fabio aveva mandato alla NDA PRESS alcune foto di questo mio set inedito per un altri motivi, ma erano piaciute così tanto che una l'avevano usata per la copertina di un libro.

In questo mondo, anche una ragazza che non è bella in modo imbarazzante come me, si emoziona a trovarsi su una copertina.
Figuriamoci sulla copertina di un libro e non di una rivista.
Un libro. Io che ho scelto di appartenere alla schiera degli stoici che continuano a voler stampare carta nell'era del digitale,  io che considero il mio lavoro un modo di R*esistere in una società sempre più votata alla pigrizia mentale, dopotutto faccio parte dei meccanismi di produzione della cultura.

Dicevo, trovo questa mail e rimango di pietra.
Realizzo che è anche la mia immagine a stare su un libro.
Non solo il mio nome come redattrice, la mia testa, il mio ruolo di editor.
E poi è un libro che parla di New Wave!

Ma che cazzo ci faccio io in copertina su un libro che parla della scena post punk inglese?
Io sono nata nell'ottantacinque.
Quel periodo l'ho vissuto di riflesso solo perché me lo sono andata a cercare nelle pagine dei libri e nei suoi suoni nella musica.

Quella foto fa parte di un set inedito che racconta i momenti immediatamente successivi al mio esaurimento nervoso dello scorso anno. Un set che si chiama Arkham Asylum certamente più per attinenza ai racconti di Lovecraft che ai fumetti di Batman.

Indosso una camicia di forza cucita a mano nelle notti insonni per esorcizzare qualcosa che non va.
Quelle foto sono state fatte di corsa, in situazioni deliranti per cui il photo-set vero e proprio non è mai stato completato.
Eppure... mi ha fatto sorridere. Parecchio.



Anche se questa foto non racconta secondo me cosa è stato il New Wave, anche se ho un piercing in faccia e anche se è un'immagine molto più legata a quello che è il mio tempo, tra la fine degli anni novanta e soprattutto questo primo decennio degli anni duemila, non importa. Dopotutto sono una ragazza copertina.

Altre informazioni su questo libro le trovate QUI sul sito di NDA.

martedì 7 settembre 2010

Armi di distrazione di massa.

Giornata pesante.
Giornata da bagno di sangue e nervosismo perpetuo.
Giornata del cazzo insomma.

Anche se ha un lato oscuro piuttosto inquietante (se non sapete di cosa parlo seguite questo link e scaricate il pdf) oggi ho voluto bene a Google, per la sua arma di distrazione di massa.


Sì perché questa cosa è un'arma. Quanto il banner a forma di pacman. La puoi pensare solo se vuoi distrarre la gente, mica perché sei figo e ti diverti, QUESTO è fatto da qualcuno di figo e che si diverte (a tirarti scemo).

E queste maledette bollicine mi lobotomizzavano tra una testata al muro e l'altra, trascinandomi inutilmente nel loro mondo colorato ottenuto con il semplice movimento del mouse, mi incantavano come le bolle di sapone incantano i bambini...




Momenti di distrazione che durano un attimo, ma spengono il cervello completamente.
Avete presente un'ebete? Dai, una che che apre un task e prima di immettere la chiave di ricerca nella barra perde addirittura 40 secondi del suo tempo a muovere quelle stupide pallette?
Così. Proprio così.


Ecco. Vedo che avete capito.

mercoledì 1 settembre 2010

Kaydra, la ragazza delle nuvole.

La prima volta che mi è arrivato tra le mani il faldone con le tavole di questa storia ho avuto un lungo brivido lungo la schiena.
"Ma che fai? Come ti permetti di chiedermi un consiglio su una storia fantasy? Ma ti sembro il tipo? Sì, ok che siamo amici, ma non è che perché sono amica tua adesso mi leggo le storie fantasy e poi ti accompagno a una serata reggae. Non se ne parla proprio!".

Infatti poi è andata a finire che a più di una serata reggae ce l'ho accompagnato, pure a cena in cui posti dove ho detto "No. MAI E POI MAI! Ho una credibilità da difendere IO", e quel centinaio di tavole le ho lette e le ho rilette tutte quante.
Mi sono anche piaciute, le ho anche corrette e ho faticato per convincere questo ragazzo a rimboccarsi le maniche e stamparsi questo fumetto.

Sto parlando di Gianluca Romano, imberbe disegnatore stanziato nella capitale da parecchi anni, amico nerd che mi spaccia i videogiochi quando ho bisogno di spegnere il cervello, con cui passo le nottate a disegnare (io a far finta, lui a farlo bene) e pomeriggi interi a sperperare lo stipendio in fumetti e aperitivi. 

Ora sta finendo quelle tavole, sta lavorando per stamparsi il fumetto e non vedo l'ora di averlo tra le zampe per regalarlo a un po' di persone a cui sono convinta che piacerà. 

Per le anteprime, per capire di cosa stiamo parlando vi direi di fare un giro su Kaydra - la ragazza delle nuvole, il blog che ha dedicato a questa storia, fresco fresco di apertura.
Un altro di quei progetti che dal basso del mio essere nessuno mi piace sostenere in prima persona.
Vai Gianluca ;)


lunedì 30 agosto 2010

Dimmi quante volte...

Quante volte ho alzato gli occhi e mi sono trovata sotto un cielo che non era quello che volevo.
I Colle der Fomento dieci anni fa (forse anche di più) cantavano "Dimmi quante volte hai visto il cielo di Roma e hai detto quant'è bello".

Sono due anni che vivo a Roma, due anni che alzo gli occhi cercando quel cielo di cui sentivo parlare nelle canzoni dell'adolescenza, e sono due anni che vedo solo un cielo soffocato dai palazzi, post-atomico, con il fascino di quello che viene dopo la fine.

Dopo un po' per abitudine, per distanza, ho cercato di pensare che i tramonti estivi di Roma forse sono affascinanti. Hanno la stessa magia di un tramonto su Beirut. Dopotutto credo che la capitale non sia altro che una Beirut occidentale. Con le sue antenne sui palazzi che soffocano il sole, con le sue strade troppo rumorose, con il suo degrado nascosto agli angoli delle periferie.



Sono tornata a Genova da quasi un mese, dopo tanto tempo che ero costretta in quelle vie dove cammino senza mai "esserci" veramente.
Mi sono portata il lavoro anche sugli scogli, ma guardo in fondo alle vie e, in un modo o nell'altro, mi accorgo che c'è sempre il mare.

Sori (GE) Agosto 2010

Genova non ha niente. Non ha la vita che vogliono i giovani, non ha sbocchi, ti costringe a lasciarla ma in cambio ti chiede di pagarle il prezzo del cuore. 
Come una bella donna che ti affascina e ti ammalia ma poi ti maltratta, ti allontana solo allo scopo di legarti ancora più a lei, in una eterna Ballata dell'amore cieco


Dalle finestre di casa 05/08/2010

Stessa finestra, 20/08/2010

Questo cielo, che quando chiudo gli occhi non ho proprio bisogno di nessuna canzone per riuscire a immaginarlo. Questi colori, che costringerli in una foto in bianco e nero sarebbe un insulto al direttore della fotografia che sta giocando con le sue luci...

Salita di Porta Soprana - 01/08/2010

Veduta da Villetta Di Negro - 05/08/2010

Veduta da Spianata di Castelletto - 29/08/2010





Eccola qui Genova, che ti guarda nell'anima con il suo cielo, quel cielo che mille volte ho alzato gli occhi e ho detto "Quanto è bello". 


Porto Antico - con il fiato sospeso - 29/08/10


Quel cielo che mi porto via con i suoi tramonti, con i suoi filtri, come tante piccole cartoline.